In tv le trame sul business della guerra
«Deep State», arriva la serie con Strong ispirata a fatti accaduti ai tempi del conflitto in Iraq
«Il mio CASABLANCA (MAROCCO) è una specie di James Bond sporco e impolverato, anche arrugginito per certi versi, perché è fuori dai giochi da 10 anni. Quindi non può essere così sul pezzo come era abituato a essere». Anche le spie hanno il loro lato malinconico e dolente in un thriller emotivo dove la vita da agente segreto si mescola con quella sentimentale: la storia di
Deep State si concentra intorno a Max Easton (interpretato da Mark Strong), un ex 007 riportato in campo per vendicare la morte di suo figlio, sullo sfondo di una cospirazione internazionale tra intelligence per trarre profitto dalla diffusione del caos in Medio Oriente. Intrattenimento televisivo — sulle tracce delle saghe cinematografiche di James Bond o Jason Bourne — con un occhio alla realtà che ci circonda — le guerre come business.
Protagonista Mark Strong, che tradotto vien fuori Marco Forte e la cui storia merita una parentesi. Nato a Londra da padre italiano, il suo vero nome era Marco Giuseppe Salussolia, ma la madre (austriaca) per aiutarlo ad integrarsi con i compagni di scuola gli diede un nome inglese per «annacquare» quello italiano. Cresciuto e diventato attore, si è affermato come un volto familiare della tv britannica, senza disdegnare ampie incursioni al cinema (Sherlock
Holmes, Kingsman).
Distribuita in oltre 50 Paesi, otto puntate in onda su Fox ad aprile, Deep State è stata girata a Londra, ma anche in Marocco, la nuova Mecca per il cinema: con il resto del Medio Oriente instabile, il Paese riesce a offrire location a basso costo e varietà di scenari, dal mare al deserto.
«Ogni tanto arriva una sceneggiatura che non puoi smettere di leggere e Deep
State è esattamente questo: un ottimo esempio di scrittura — spiega Mark Strong —. Il mio personaggio era andato in pensione, aveva una famiglia, ma si ritrova solo. È un uomo diviso a metà, che si confronta con due versioni di se stesso, il passato e il presente. Max Easton vive un conflitto morale: come riuscire a conciliare un lavoro pericoloso e fatto di menzogne, e allo stesso tempo essere un padre amorevole e un marito fedele? La storia pone anche altre domande: possiamo sfuggire al nostro passato? C’è davvero una seconda opportunità? ». Riflette ancora l’attore: «Trovo affascinante e interessante la contraddizione che vivono le vere spie, per me è difficile comprendere come una persona possa avere una doppia vita: è complesso sia a livello pratico — come fai a gestire due vite? — sia a livello emotivo — come fai a gestire diversi sentimenti? Amo le storie che sono misteriose ma non confuse, e questa è una di quelle». Un mondo di spie, dove nessuno si rivela fino in fondo, dove i contorni sono nebbiosi, sfocati e sfumati.
Aggiunge lo showrunner Matthew Parkhill: «Deep State è una serie su due livelli. C’è l’aspetto personale perché è la storia di un uomo che si è reinventato una nuova vita: tutti facciamo errori e lui vuole avere una seconda chance. E poi c’è l’aspetto politico, perché Deep State pone interrogativi su chi fa profitti grazie alla guerra: in realtà la politica non viene fatta da chi viene eletto, sono gli interessi economici di strutture parallele allo Stato a muovere le azioni dei governi». Ecco il «deep state», ovvero l’apparato segreto fatto di elementi di intelligence e burocrazie che si muovono in modo autonomo rispetto alle strutture dello Stato che operano legalmente. Nella finzione il modello a cui Deep State si è ispirata è Syriana, il film del 2005 con George Clooney. Ma la realtà — come sempre — supera la fantasia: «L’idea mi venne quando lessi che tra il 2003 e il 2013, una società di ingegneria del Texas incassò 39,5 miliardi di dollari dalla guerra in Iraq». È la regola del mercato: l’incertezza genera profitto (per pochi di solito).
Agente segreto L’attore: «Sono una specie di Bond sporco e impolverato, fuori dai giochi da dieci anni»