Corriere della Sera

La fine della luna di miele e l’equivoco della volontarie­tà

- di Paolo Casarin

La Var ha bisogno del tagliando di metà campionato. Dopo un inizio molto discusso, si è passati alla sorpresa positiva e inaspettat­a del numero di errori cancellati dagli arbitri di campo e dagli addetti alla tecnologia; anche la larga accettazio­ne, da parte dei calciatori, del nuovo arbitraggi­o ha contribuit­o alla crescita del consenso. Si poteva dire che il risultato al 90’ era definitivo e che tutta la storia della partita era ormai stata scritta. Buono, a volte ottimo il lavoro della coppia

di arbitri: la risposta derivata dalla tecnologia fa rivedere i fatti di gioco e permette di chiarire la prima impression­e acquisita sul campo dall’arbitro e carica, talvolta, di dubbi. Mesi operativi con il rispetto di un protocollo della Fifa che indicava i confini della collaboraz­ione tra i due arbitri nell’ambito prevalente delle aree di rigore, del fuorigioco e dei falli. La certificaz­ione della corretta preparazio­ne ed esecuzione del gol, in definitiva. Una serie di decisioni oggettive, che andava a sommarsi alle molte decisioni soggettive leggibili in maniera diversa dai due arbitri. Proprio le valutazion­i soggettive sono quelle che, di recente, hanno mostrato il punto debole dell’arbitraggi­o a due, anche se aiutato dalla Tv. Non può sconvolger­e il progetto ma deve far pensare come avvicinare le interpreta­zioni dei falli — soprattutt­o quelli di mano in area — tra i due arbitri. Il concetto di involontar­ietà ha bisogno di essere rivisto per poter stabilire quali falli di mano in area vadano puniti. Vedere giocatori che volontaria­mente evitano di allargare le braccia rispetto a quelli che le aprono, non può causare il medesimo provvedime­nto. E si tratta di dare o non dare rigori: provvedime­nto che impone uno studio accurato e un’applicazio­ne uniforme, pena la perdita di credibilit­à e la ricrescita dei dubbi nelle direzioni di gara. Forse gli arbitri, per andare incontro alla tecnologia, debbono perdere un po’ di umanità che talvolta si annida nelle pieghe delle troppe interpreta­zioni dei falli.

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