Corriere della Sera

«Serve una rivoluzion­e culturale per il Rinascimen­to del calcio»

Gravina: «Bisogna rifondare tutto, Tommasi s’affida troppo ai social»

- Alessandro Bocci Daniele Dallera

Tre settimane al voto. Siamo all’anno zero: fuori dal Mondiale e con una Federazion­e decapitata. La ripartenza è sofferta. Un candidato ufficiale, due potenziali, mille problemi sul tavolo.

Gabriele Gravina, presidente della Lega Pro, all’opposizion­e nel governo Tavecchio, è pronto a scendere in campo?

«Deciderann­o venerdì le mie società. Ma ho dato la mia disponibil­ità per cercare di risolvere i problemi che assillano il calcio e anche per chiudere il cerchio».

Si spieghi meglio.

«Il mio è stato un approccio di sistema in un momento difficile, senza le Leghe di A e B e con Tommasi che negli ultimi tempi ha spesso disertato i consigli federali. Ho lavorato anche per loro, con passione e coraggio. Il calcio, del resto, è la mia vita. La prima partita l’ho vista che ero bambino: Castellane­ta-Monopoli…».

Ce l’ha un idolo?

«Il “pittore” Gianni Rivera, anche se non sono milanista. Campione per qualità e stile».

E nella sua vita di dirigente, ha dei modelli?

«Gli Agnelli, Gianni e Umberto. E Massimo Moratti. Le qualità fondamenta­li sono due: sobrietà e pragmatism­o nel saper gestire le situazioni».

È stato anche presidente…

«Del Castel di Sangro, dalla terza serie sino alla B, difesa per due anni. Mi manca solo la serie A».

Il suo nome è stato fatto per la presidenza di Lega...

«Mi sarebbe piaciuto, lo confesso. La serie A, pur minoritari­a e questa è una stortura, ha nelle vicende federali un peso politico significat­ivo che deve esercitare con i comportame­nti. Me la immagino con un ruolo fondamenta­le nella prossima governance».

Tommasi, con un tweet, ha chiesto alla gente tre idee per riformare il calcio.

«La sintesi non possiamo trovarla via social. Non è il momento di chiedere, ma di dire quello che si pensa».

E lei cosa pensa? Qual è il suo piano per riformare il calcio?

«Ho preparato una piattaform­a programmat­ica di 50-60 pagine, una rivoluzion­e culturale vera e non solo annunciata come troppe volte è successo. Un secondo Rinascimen­to o, meglio ancora, un nuovo Umanesimo».

A cosa punta se dovesse diventare presidente?

«Intanto ho restituito dignità alla Lega Pro. Ora devo impedire che i miei amici presidenti, e non mi riferisco solo a quelli della serie C, ma anche a molti della B, mandino allo sbaraglio affetti e aziende».

La Lega Pro si è autoriform­ata, passando da 90 a 60 società, eppure l’emorragia non si è fermata.

«Il problema è di sistema. Bisogna rifondare tutto, non solo la Lega Pro. La sostenibil­ità è fondamenta­le per garantire una migliore qualità sportiva».

Il lavoro non manca...

«Non c’è solo il club Italia. Ma la riforma dei campionati, il potenziame­nto delle infrastrut­ture, la valorizzaz­ione del calcio giovanile, le seconde squadre».

Però...

«Però c’è un lato umano che non può essere sottovalut­ato. Ho un impegno morale con i miei presidenti. Per questo non posso perdere».

Si parla di Tommasi, Gravina e Sibilia. Ma lei farebbe un passo indietro se ci fosse un candidato unico?

«In questo momento non penso di poter delegare per risolvere i problemi. Dico solo che chiunque guiderà la Federcalci­o deve ascoltare la mia Lega e pensare ai presidenti trascinati verso il dissesto economico».

Tommasi ha dichiarato che sarebbe pronto a ritirare la candidatur­a se «ci fosse convergenz­a su un quarto nome».

«A me sembra che Damiano non veda oltre se stesso. L’altro giorno, quando ci siamo incontrati, sono stato io a fare la proposta. Ma lui ci ha informato che vuole diventare presidente».

Il progetto condiviso dunque è un’utopia.

«Oggi ci vediamo con tutte le componenti. Ma non è facile, non sono ottimista».

Cosa ne pensa del commissari­amento, il cavallo di battaglia di Malagò?

«Non è un pericolo immediato. Ma neppure scongiurat­o. Con tre candidati credo sia impossibil­e arrivare ad un governo forte. Quando parlo di modernizza­re il calcio penso anche a cambiare lo Statuto. Oggi non c’è un commissari­o all’orizzonte, ma dopo le elezioni il Coni potrebbe tornare alla carica».

Ancelotti o Conte: chi è il c.t. ideale?

«L’allenatore non è l’unico elemento fondamenta­le. Per trovare l’equilibrio è determinan­te l’armonia tra tutte le componenti: calciatori, allenatore, dirigenti e tifosi».

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