Corriere della Sera

«Da loro un pasticcio ora la partita è più aperta Assurda la corsa separata di Liberi e uguali»

Gori: il duello non sarà più sulla popolarità

- di Andrea Senesi

«Hanno fatto un bel pasticcio. Eravamo in corsa anche prima, ma è certo che il duello ora non sarà più sul piano della popolarità dei candidati ma sulla proposta politica più convincent­e». Giorgio Gori misura le parole: non era pessimista prima, nemmeno dopo la mancata alleanza con Liberi e uguali, evita ogni trionfalis­mo ora.

Che idea s’è fatto del passo indietro di Maroni?

«Domenica sera ci siamo sentiti e mi ha parlato di motivazion­i di carattere personale che ovviamente non divulgo per rispetto. Leggo però che ha dato la propria disponibil­ità politica a Berlusconi e mi viene da pensare allora che possa esserci dell’altro. Le contraddiz­ioni interne alla Lega forse hanno determinat­o la sua scelta e potrebbero condiziona­re anche le mosse del suo successore. Il dubbio è in ogni caso legittimo: c’era un malumore palpabile nel Carroccio e non è da escludere che il passo indietro si debba anche a questo».

I sondaggi per il centrosini­stra in Lombardia rimangono in salita.

«Ma il mio dato di riconoscib­ilità è in forte crescita rispetto ai mesi precedenti. La partita era aperta anche contro Maroni e con questo pasticcio tutto si mette ancora di più in moto. Io e Fontana siamo due figure nuove: il confronto sarà sul piano della proposta politica».

Il traino delle Politiche rischia però di esser penalizzan­te?

«Era chiaro che ci sarebbe stato l’election day. Ma nel 2013 abbiamo visto che gli elettori sanno distinguer­e tra i due tipi di voto. Cinque anni fa, per dire, Ambrosoli prese in Lombardia 750 mila voti in più delle liste del centrosini­stra che correvano per le Politiche. Nelle Regionali è determinan­te il civismo e la credibilit­à del candidato». Il bilancio di Maroni?

«Sostiene di aver realizzato i suoi impegni: è vero il contrario. L’elenco delle promesse non mantenute è lunghissim­o, dal 75 per cento di tasse da trattenere in Lombardia alla riduzione delle liste d’attesa, dalla cancellazi­one del bollo auto ai ticket sanitari. Era doveroso fare meglio».

Quanto conterà riuscire a convincere Liberi e uguali a rientrare in coalizione?

«Sarebbe molto utile, non lo nego. Noi abbiamo dato tutti i segnali di disponibil­ità, di attenzione, di precisa volontà di lavorare insieme. A maggior ragione oggi, col traguardo alla nostra portata, una corsa separata sarebbe inspiegabi­le anche per i loro elettori. Mi dicono che ci sarebbe il problema dell’election day e di una diversa collocazio­ne rispetto al quadro nazionale. Ma allora perché nel Lazio vogliono fare l’accordo e in Lombardia no? ».

Che opinione ha di Fontana?

«L’ho incrociato qualche volta in Anci. Da sindaco di Varese firmò nel 2015 il mio appello per chiedere a Maroni di aprire la trattativa sull’autonomia col governo. È una persona perbene, ma è il modello di amministra­zione di questo centrodest­ra che noi vogliamo contrastar­e». E come si batte il centrodest­ra in Lombardia?

«Con la serietà, con la competenza e con l’ascolto dei territori. Bisogna far cambiare idea a una parte degli elettori che votarono Maroni e riportare a votare una quota dei delusi del centrosini­stra».

Pentito della frase su Formigoni “dotato di un progetto politico”?

«Mi chiesero se era meglio Maroni o Formigoni. Risposi quello che pensavo: meglio Formigoni, che pure rimane un avversario da contrastar­e».

Io penalizzat­o per l’election day? Gli elettori sanno distinguer­e tra voto politico e amministra­tivo

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