I dubbi di Berlusconi: qui ci giochiamo anche le Politiche
Forza Italia nega di aver fatto accordi sottobanco: ora si ridiscutono le scelte pure nelle altre Regioni
I fedelissimi lo descrivono «molto irritato», per una mossa che non si aspettava e che è stata comunicata appena qualche giorno fa. Il gran ritiro di Roberto Maroni agita Forza Italia e il suo leader e mette un ostacolo non indifferente all’irruente avanzata del centrodestra, che finora considerava la Lombardia (come Regione e come collegi elettorali) un feudo sicuro e inattaccabile per gli avversari.
Ieri è stata una giornata agitatissima per Berlusconi, che ad Arcore ha visto o sentito tutti i big lombardi — da Mariastella Gelmini a Paolo Romani —, ha consultato gli esperti di sondaggi per una prima valutazione volante in attesa di quella più approfondita che arriverà domani, e in serata, assieme al suo braccio destro Niccolò Ghedini, ha incontrato il numero due della Lega Giancarlo Giorgetti. Il tutto per arrivare a capire se Attilio Fontana, indicato dalla Lega per subentrare a Maroni nella candidatura al Pirellone, sia l’uomo giusto «per vincere, perché con la Lombardia — ripete il leader — ci giochiamo non solo la prima Regione d’Italia, ma anche le possibilità di successo alle Politiche».
Una ragione molto concreta insomma, che i suoi usano per convincere i tanti sospettosi, tra i quali lo stesso Salvini, che no, non c’è nessuna segreta intesa tra il leader azzurro e Maroni per sottrarre alla Lega un uomo forte e utilizzarlo non solo per indebolirla, ma anche come premier possibile nel prossimo governo: «Potrebbe mai essere premier un uomo che la Lega non vuole? Uno che ci ha mollato per strada a 50 giorni dalle elezioni, senza una alternativa già pronta, senza che potessimo prepararci? Se avessimo voluto sottrarlo alla Lega gli avremmo detto di vincere prima in Lombardia e poi semmai passare con noi. Così è la follia...», assicurano i big azzurri.
Maroni insomma si sarebbe «bruciato» con la sua mossa, e comunque avrebbe messo in grandissima difficoltà FI e tutta la coalizione. Perché Fontana è sì «persona capace e perbene», ma i sondaggi non lo vedrebbero forte abbastanza da far stare sicuri della vittoria. E se Berlusconi non vuole un braccio di ferro con Salvini, che ieri avrebbe sostanzialmente minacciato di far saltare l’alleanza se il candidato non sarà un leghista, nemmeno può accettare a scatola chiusa «un nome che ci arriva di punto in bianco». Così come, sono convinti ad Arcore, anche all’interno della Lega «stanno ragionando bene sul da farsi, i dubbi non sono solo nostri». Motivo per cui la scelta slitta almeno a domani. Quando si capirà se esistono alternative di livello (la Gelmini lo sarebbe, ma per la Lega sarebbe quasi impossibile accettare un nome forzista) e si deciderà come chiudere l’accordo complessivo.
Sì perché era previsto che delle Regioni al voto il Lazio sarebbe andato a FI, dove si va verso la candidatura di Gasparri, che togliendo dal «campo» lo sfidante Pirozzi di FdI (gli verrebbe dato un collegio uninominale), accetterebbe di correre. Ma allo stesso modo la Lega chiedeva la candidatura del suo capogruppo alla Camera Fedriga per il Friuli, molto ben radicato in Regione. Ora, anche questa scelta si ridiscuterebbe, con FI che vorrebbe la Regione per sé.
Restano insomma tanti nodi da sciogliere, ed è certo che finiranno per riversarsi sul tavolo del programma e soprattutto su quello delle candidature: entrambi dovevano riunirsi oggi, saranno convocati invece domani, quando la situazione dovrebbe essere più chiara. E per FI a trattare andranno lo stesso Ghedini, Sestino Giacomoni e non più la Gelmini come era stato indicato domenica ma Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo ma sempre attivissimo nella politica nazionale, anche per tutelare di più le posizioni dei parlamentari del Centro e del Sud.