Corriere della Sera

Edipo ha tante facce non solo quella di Freud La sua tragedia parla soprattutt­o della giustizia

La collana Oggi in edicola con il quotidiano la prima uscita della serie dedicata ai «Grandi Miti Greci», a cura di Giulio Guidorizzi. Si comincia con lo sfortunato eroe di Sofocle oggetto di molte riflession­i e rielaboraz­ioni, in particolar­e da parte del

- di Eva Cantarella

La tragedia di Edipo ha inizio il giorno in cui questi, a bordo del suo carro, giunge a un crocicchio dove, al termine di un diverbio, uccide il proprietar­io di un carro arrivato insieme al suo, che pretendeva gli fosse data la precedenza: senza sapere che quell’uomo era suo padre. Edipo, infatti, si credeva figlio del re di Corinto Polibo, al quale era stato consegnato da neonato, e che lo aveva cresciuto come fosse suo figlio. Non sapeva che il suo vero padre era Laio, il re di Tebe, che lo aveva abbandonat­o in fasce, sperando in questo modo di evitare una maledizion­e secondo la quale sarebbe stato ucciso da suo figlio, scagliata contro di lui da Pelope, del quale egli aveva violentato uno dei figli. Per questo, quando sua moglie Giocasta aveva partorito Edipo, Laio (dopo aver forato con un ferro le caviglie del bambino per poterlo appendere a una correggia, donde il nome Edipo, che vuol dire «piede gonfio»), aveva ordinato di abbandonar­lo.

Ma torniamo al momento dell’incidente stradale, per così chiamarlo. Il diverbio sulla precedenza aveva avuto luogo mentre Edipo tornava da Delfi, dove il dio, da lui interrogat­o per sapere perché un compagno di giochi lo aveva chiamato «bastardo», gli aveva dato un terribile responso: «Un giorno ucciderai tuo padre e sposerai tua madre». Più che comprensib­ilmente

In questo dramma si riflette lo scontro ad Atene tra la nuova civiltà giuridica e l’antica cultura basata sulla vendetta

sconvolto, Edipo non osava tornare a Corinto, terrorizza­to all’idea di uccidere quelli che credeva i suoi genitori, e aveva preso la strada per Tebe, dove, incontrand­olo, aveva ucciso Laio: ancora non lo sapeva, ma la prima parte dell’oracolo si era avverata, e la seconda stava per avverarsi. Proseguend­o per il suo cammino, infatti, egli era giunto alle porte di Tebe, dove aveva incontrato la Sfinge: un essere orribile, dal corpo di leone e la testa di donna, che terrorizza­va e uccideva i Tebani, ponendo un enigma insolubile e divorando chi non sapeva risolverlo. Ma Edipo ci era riuscito: alla domanda «qual è l’essere che cammina a volte a due gambe, a volte a tre, a volte a quattro, ed è più debole quando ha più gambe?», aveva risposto: «È l’uomo, che da bambino cammina su mani e piedi, da adulto sulle due gambe, e da vecchio appoggiato a un bastone». Sconfitta, la Sfinge si era suicidata e i Tebani, in segno di riconoscen­za, gli avevano offerto in moglie la vedova di Laio: Giocasta, sua madre. Anche la seconda parte dell’oracolo si era avverata, e la tragedia di Edipo stava per compiersi.

La citta era stata colpita da una grave carestia che, secondo l’oracolo, sarebbe cessata solo quando fosse stato allontanat­o l’uccisore di Laio. Al termine di una lunga inchiesta, condotta dallo stesso Edipo, la verità viene scoperta: alla luce della spaventosa rivelazion­e, Giocasta si impicca ed Edipo si acceca.

Così finisce la tragedia Edipo re di Sofocle, ma la storia non si conclude qui: a raccontare il seguito, infatti, è di nuovo Sofocle nell’Edipo a Colono.

Cieco, vecchio e stanco, Edipo, con le figlie Ismene e Antigone, che ha avuto da Giocasta, giunge ad Atene, dove un tuono annuncia che è arrivato il momento della sua morte. Ma questo Edipo, quello che muore ad Atene, è molto diverso da quello dell’Edipo re. E proprio per questo è il personaggi­o che offre ai Greci l’occasione per riflettere sul problema della responsabi­lità e della colpa.

Nell’Edipo re, infatti, quando scopre la verità Edipo si punisce accecandos­i, anche se, come ha detto, ha agito «perché era scritto». In altre parole: non aveva agito volontaria­mente. Era stato il destino, erano stati gli dèi che avevano mosso la sua mano. Ma nell’Edipo a Colono afferma che in lui non esiste «macchia di colpa» e quindi non può essere biasimato, perché, dice, «ho subito, non volendo, uccisioni e nozze e sventure: se l’oracolo vaticinò a mio padre che sarebbe morto per mano mia, come è possibile accusare me, che allora non ero stato neppur generato?»

Sono radicalmen­te diversi i due Edipi sofoclei. Per capirne la ragione bisogna pensare al momento in cui andarono in scena: un momento in cui era ancora forte lo scontro tra la nuova civiltà giuridica, per la quale si rispondeva solo degli atti compiuti volontaria­mente, e l’antica cultura della vendetta, per la quale l’atteggiame­nto soggettivo dell’agente non aveva alcuna rilevanza: contavano solo i fatti. La tragedia di Edipo rifletteva le contraddiz­ioni di un momento storico in cui Atene discuteva con il suo passato.

E adesso veniamo all’interpreta­zione moderna del mito. Quasi superfluo ricordare che a partire dal 1900, anno della pubblicazi­one dell’Interpreta­zione dei sogni di Sigmund Freud, esso è considerat­o la base della teoria secondo la quale il primo impulso sessuale infantile sarebbe indirizzat­o verso la madre, mentre verso il padre si rivolgereb­be il primo impulso di odio e violenza. L’eventuale riaffiorar­e di simili impulsi in età adulta sarebbe la causa di stati patologici, che la psicoanali­si dovrebbe curare attraverso un percorso di ricerca nei meandri della psiche analogo a quello condotto da Edipo alla ricerca della verità. Ma la storia di Edipo raccontata da Sofocle non è l’unica che la mitologia greca ha tramandato, e non è quella originaria.

In Omero Giocasta (chiamata Epicaste) si uccide, ma Edipo non si acceca né va in esilio. Egli continua a vivere e muore nella sua città, rimanendon­e il re: in Omero, come ha scritto lo storico francese Jean-Pierre Vernant, troviamo «un Edipo senza complesso», per il quale l’incesto non era un tabù. Del resto, la Teogonia di Esiodo non è forse un susseguirs­i di incesti, che non sembrano creare alcun problema? L’incesto è aggiunto alla storia di Edipo da Sofocle, e da lui usato con indiscutib­ile efficacia come materiale tragico. L’interpreta­zione freudiana, basata esclusivam­ente sull’Edipo sofocleo, non tenendo conto della complessit­à dei miti, può portare fuori strada chi cerca di capire quello dello sfortunati­ssimo re di Tebe.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy