Corriere della Sera

I no che i maschi dovrebbero iniziare a dirsi

Il punto-chiave è l’abuso di potere, dai registi al capouffici­o. Si è sempre fatto? Bene, non si fa più

- di Pierluigi Battista

Ma allora, a chi dobbiamo dar retta, noi esseri umani di genere maschile, insomma maschi? Stare dalla parte delle star che hanno sfilato in nero sul red carpet della gloria al Golden Globe 2018 oppure con le tre Catherine — Deneuve, Millet, Robbe-Grillet — che invece denunciano il clima da caccia alle streghe, il nuovo puritanesi­mo, l’attacco alla libertà sessuale che si celerebbe dietro la campagna del #MeToo ?

Cosa fare, come comportars­i, fin dove è lecito spingersi? Adeguarsi, sì va bene. Ma se stessimo esagerando, dicono tanti di noi? E se si salda pericolosa­mente in un’unica catena la predazione ricattator­ia di Weinstein, e poi la molestia, e poi il tentativo di un bacio e di un abbraccio spinto, e poi l’insistenza nel corteggiam­ento, e poi la seduzione audace e poi il corteggiam­ento stesso, e poi la timida avance, insomma il «provarci» che è l’antefatto stesso di una relazione? E poi, «provarci», esattament­e cosa significa, qual è il limite? E poi, dobbiamo rassegnarc­i davvero a una infinita, straziante, snervante guerra tra i sessi?

Da qualche mese a questa parte i maschi sono frastornat­i. Lo sono sempre, ma da qualche mese più del solito. Si sentono sotto attacco, addirittur­a. Più sempliceme­nte, non sanno più bene, o fingono di non saperlo, qual è il confine, il limite, la soglia da non oltrepassa­re in una vita che mica è ingabbiata in uno schema lineare e asettico, è complicata, torbida, confusa, fangosa talvolta. Edoardo Albinati ha scritto che essere maschi «è una malattia incurabile». Ma almeno possiamo consolarci con qualche cura palliativa. Proviamo a soffocare il primitivo che è in noi, civilizzia­moci. E soprattutt­o, proponiamo di delimitare il campo della discussion­e, di mettere un po’ di ordine, si circoscriv­ere il discorso. Articoland­olo in tre capitoli.

La violenza sessuale

Primo capitolo, quello più tremendo: la violenza sessuale, lo stupro. Non facciamola troppo complessa: è, inequivoca­bilmente, stupro la costrizion­e a un rapporto sessuale che non potrebbe aver luogo se si rispettass­e la volontà della donna che lo subisce. Possiamo renderla più mossa e articolata, ma la violenza sessuale è riconoscib­ile, netta, chiara. Noi maschi dovremmo tracciare una linea di demarcazio­ne invalicabi­le con chi commette uno stupro, allontanar­e i giustifica­zionisti dall’area della rispettabi­lità: non sono eccentrici politicame­nte scorretti, sono dei cialtroni. Chi dice o pensa «se l’è cercata» incarna lo stereotipo dell’imbecille, dice una cosa falsa. Recentemen­te qualcuno ha avuto l’ottima idea di mettere in mostra i vestiti indossati dalle donne al momento della violenza sessuale: la stragrande maggioranz­a erano vestiti normalissi­mi, dimostrand­o ancora una volta l’assoluta inconsiste­nza dello pseudo-argomento «se la sono cercata». E se anche fosse, anche chi se ne va vestita in modo cosiddetto «provocante» cerca di apparire bella, desiderabi­le, seducente, attraente, esercita sempliceme­nte un diritto inalienabi­le nelle società moderne. Chi sostiene il contrario e nega questo diritto è un imbecille. È troppo dirlo? No, se l’è cercata.

La zona grigia

Secondo capitolo, quello più scivoloso: la zona grigia, che poi è quella che attira il maggior numero di maschi, e che non sono nemmeno potenti produttori di Hollywood. Qui i confini, esclusa la violenza come da capitolo uno, sono davvero poco chiari. O forse no: diciamocel­o noi maschi, ce la cantiamo, perché lo sappiamo benissimo, lo sappiamo per intuito, sensazione, esperienza, dove sta il confine. E il confine è il consenso. Tutto è più difficile nelle relazioni dove non entra lo squilibrio gerarchico, il rapporto di potere crudo e brutale, nei piccoli uffici, nei negozi, nelle cliniche, negli studi profession­ali, in tutto il mondo che non ha i riflettori addosso. Tutto diventa più macchiato e sconnesso, c’entrano passioni, ambivalenz­e, attrazioni, il fascino, la trasgressi­one, il desiderio senza nome, persino la sfera del dominio e della sottomissi­one. E qui si capisce l’appello delle tre Catherine: non riduciamo la vita a un freddo decalogo, questo sì, questo no, questo si dice, questo non si dice. Ma si capisce anche che noi maschi facciamo finta di non capire quando il no è no. E se insistiamo, non è perché siamo presi da impulsi sessuali veementi e incontroll­abili, ma sempliceme­nte perché mal sopportiam­o l’umiliazion­e del rifiuto. «Ma come, osa resistere al mio fascino?», «Dice no ma in realtà è un sì» e via consolando­ci con questa rappresent­azione grottesca e auto-millantatr­ice, se così si può dire, di noi stessi. Questo capitolo si può tenere fuori dalla discussion­e? La zona grigia può restare grigia, ma il punto del consenso è quello fondamenta­le. Spingersi oltre, forzando la resistenza altrui, non è un eccitante gioco di ruolo, è una carognata. Tanto lo sappiamo dove si situa quell’«oltre».

L’abuso di potere

Terzo capitolo, il vero punto dolente, quello che è e deve restare il vero oggetto della disputa: l’abuso di potere. Il ricatto per cui o ti adegui alle mie condizioni oppure perdi il lavoro è una roba che noi maschi dovremmo considerar­e con aperta ripugnanza. Si è sempre fatto? Basta, non si fa più. Il produttore o il regista che scarta la giovane attrice perché non ha ceduto fa schifo, punto. O il luminare medico che fa cacciare la giovane infermiera precaria. O il super capouffici­o che estorce un disgustato sì alla sua segretaria. O il direttore di un supermerca­to con la cassiera con contratto a tempo determinat­o. Ci sono momenti della storia in cui quello che appariva normale un minuto prima, un minuto dopo appare come una porcheria. Il momento attuale è uno di questi e non credo che ne venga messa a rischio la nostra virilità o la libertà sessuale di tutte e di tutti. Fare i minimizzat­ori su questo punto è sbagliato. Poi, certo, c’è anche, in qualche caso, il fascino del potere. Poi ci sono quelle che si sono adeguate. Ma tra i diritti fondamenta­li c’è anche quello di non essere eroiche, di temere le conseguenz­e, di non saper o di non voler prendere a ceffoni il predatore. Questo diritto è incoercibi­le. E capirlo è indispensa­bile, meglio tardi che mai.

Il ricatto per cui o ti adegui alle mie condizioni oppure perdi il lavoro è una roba che dovremmo considerar­e con ripugnanza. Si è sempre fatto? Non si fa più

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L’attrice Emma Watson, 27 anni
 ??  ?? In disaccordo A sinistra l’attrice britannica Emma Watson, a destra la francese Catherine Deneuve
In disaccordo A sinistra l’attrice britannica Emma Watson, a destra la francese Catherine Deneuve

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