SCHIERAMENTI E PARTITI SENZA VISIONE E SENZA UNITÀ
Iniettare i vaccini nella campagna elettorale promette di aumentare la confusione e aggravare la credibilità delle forze politiche. Non solo. Finisce per mostrare un ritardo culturale e un approccio strumentale su una questione che attraversa e divide non solo uno schieramento dall’altro, ma le alleanze e perfino i partiti: come se nemmeno su questo riuscissero a trasmettere una visione comune. C’è da giurare che l’effetto non sarà dei migliori. Anche perché lo scontro è fatto per marcare distanze con intenti puramente polemici.
Matteo Salvini che attacca la legge Lorenzin, pur ammettendo di avere fatto vaccinare i figli, riapre un problema che sembrava archiviato. E si scontra con esponenti di Forza Italia che sostengono una tesi opposta: quasi un’estensione della lotta per il primato nel centrodestra. Le divergenze che affiorano tra i Cinque Stelle sono simili. Col candidato Luigi Di Maio sostenitore delle vaccinazioni; e alcuni esponenti d’accordo con Salvini: una variante dello scontro tra governativi e movimentisti del M5S.
Il segretario del Pd, Matteo Renzi, tende a minimizzare i distinguo nelle file avversarie. Per lui, «il fatto che Lega e Cinque Stelle siano d’accordo contro l’obbligatorietà dei vaccini significa che esiste un’alleanza non scritta tra forze diverse, unite dal rifiuto della scienza». Insomma, ognuno legge l’ultimo scampolo polemico con l’occhio proteso verso le urne. D’altronde, è quanto fanno anche gli avversari del Pd, approfittando delle ultime rivelazioni in materia di banche, che chiamano in causa i rapporti tra il vertice dem e l’editore Carlo De Benedetti.
Il caso nasce da un’intercettazione del 16 gennaio 2015, depositata presso la commissione di inchiesta sulle banche, nella quale De Benedetti spiegava al suo factotum di avere saputo da Renzi una notizia delicata: l’approvazione a giorni del provvedimento che trasformava le Popolari in società per azioni. De Benedetti decise di investire in Borsa 5 milioni di euro: gli avrebbero dato 600 mila euro di guadagno. Per Di Maio «è uno scandalo». E dal centrodestra, Silvio Berlusconi segnala che «De Benedetti è stato preso con le mani nella marmellata. Fosse successo a me sarei stato messo in croce».
Riaffiora una sorta di «maledizione bancaria» per il Pd. Ma Renzi replica che la riforma delle Popolari era nota da tempo. E quanto è stato fatto «è perfettamente lecito». Se esistono problemi tra De Benedetti e Berlusconi, «se la vedano loro». Quanto all’editore, un portavoce ricorda che la procura di Roma non ha ravvisato «un abuso di informazione privilegiata». Ma i risparmiatori che si sentono truffati parlano di «ennesimo schiaffo». Almeno sul piano politico, la vicenda non si chiuderà presto.