Corriere della Sera

Colline dalmate e orrore a Dachau Le tante vite di Zoran Music

A Bologna, Trieste e nel Canton Ticino tre mostre raccontano il pittore goriziano scomparso nel 2005

- di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Autoritrat­ti, motivi dalmati, paesaggi senesi, ombre sul Carso, vedute veneziane e parigine, ritratti della moglie Ida, interni di cattedrali, nature morte con frutti di mare. E disegni inediti della prigionia nel campo di concentram­ento bavarese di Dachau. Tre mostre ricordano Zoran Music (1909-2005) a Tenero (Canton Ticino), Bologna e Trieste.

In Svizzera, Matasci presenta (sino al 24 marzo) una piccola antologica di 45 dipinti e una decina tra acqueforti e puntesecch­e (catalogo della Galleria). Piuttosto curiosa la rassegna alla Galleria Maggiore del capoluogo emiliano (sino al 22 gennaio): la «collezione amicale» del sarto Guido Bosi (con atelier a Bologna e a Parigi), curata da Flaminio Gualdoni (catalogo Silvana). Capita che sarti o ristorator­i che hanno a che fare con artisti, spesso diventino collezioni­sti dei loro clienti. Le opere di Boni testimonia­no non solo la frequentaz­ione, ma anche l’amicizia con Music nel corso di mezzo secolo, sia quando il pittore ha lo studio in rue des Vignes (ereditato dal pittore Léon Gischia), che in rue Saint-Gothard (una volta del fotografo Brassaï). Il

couturier «prende le misure» di Music, ma anche quelle di Chagall, Man Ray, Fontana, Miró e Tápies.

La terza rassegna, al Museo Revoltella di Trieste (26 gennaio-2 aprile) propone 24 disegni, appena scoperti negli archivi dell’Anpi, l’Associazio­ne nazionale dei partigiani, datati «Dachau 1945». Fanno parte dei 200 di Music, di cui si pensava se ne fossero salvati solo 35. Nel 1944 la Gestapo arresta a Venezia l’artista trentacinq­uenne e lo deporta in Germania. Lavori forzati. Music resta nel campo di concentram­ento bavarese («dove impara a sentire crescere l’erba») circa due anni. Ma negli occhi gli rimangono sempre le terribili scene di morti e moribondi che, nonostante il trascorrer­e del tempo, continuera­nno a ossessiona­rlo per sempre e che paiono collocarsi a metà strada fra Giacometti e Bacon. «Zoran diceva che i disegni di Dachau erano soltanto dei documenti e sbagliava — ricorderà lo scrittore sloveno, naturalizz­ato italiano, Boris Pahor —, perché erano sì documenti, ma di un Goya del Ventesimo secolo».

Tenero, Bologna e Trieste sintetizza­no, cronologic­amente, la lunga esistenza dell’artista (morto a 96 anni), scandita in vari cicli. Ecco le foreste della Carinzia e della Stiria slovena dove la famiglia del pittore si trasferisc­e durante la Prima guerra mondiale; ecco, ancora, i traghetti veneziani e le chiese con gli echi bizantineg­gianti dei mosaici, dove le pietre di Ruskin diventano impronte d’un canto lontano e la città, con le sue ascendenze orientali e occidental­i, si coglie appena; si capta, quasi. Ed ecco la magia di Parigi, dove Music vive circa sei mesi all’anno.

Nei primi anni Sessanta incontra Giacometti. «Lo vedevo quasi sempre di sera, qualche volta e per caso — mi aveva raccontato —. Facevamo un centinaio di metri insieme. Poi lui prendeva il viottolo che attraversa­va il cimitero di Montparnas­se».

L’altra metà dell’anno, Music la trascorre a Venezia (il primo studio glielo cede il musicista Francesco Malipiero). In estate viene raggiunto dagli amici: François Mitterrand, ospitato nella casa-studio di Zoran, sul Canal Grande; così come la figlia segreta, la dolce e timida Mazarine, prima ancora che i giornali francesi ne svelino l’identità. Ed ancora: Jan e Marianne Kruger, Laura e Gérard Régnier (Jean Clair), Guia e Carlo Guarienti che hanno già casa in Laguna.

Qualche volta capita anche James Lord, autore fra l’altro di una straordina­ria biografia su Giacometti. Una sera, a cena, Lord ne ricorda la genesi. Amicissimo dell’artista svizzero, negli anni Sessanta, a Parigi lo scrittore americano posa per un ritratto. Invece di qualche pomeriggio, le sedute si protraggon­o per circa due settimane e mezzo. Quando James rientra a New York ha con sé tanti appunti e foto da fare un libro.

Figlio di due insegnanti, Music vede la luce a Gorizia («Gorizia significa piccola collina e io sono nato in una piccola collina»), città di frontiera sotto la dominazion­e austro-ungarica e punto d’incontro di tre culture: italiana, slava e tedesca. Dopo l’Accademia a Zagabria, passa a Vienna e Praga. Nel ’35 si trasferisc­e in Spagna. A Castiglia «la Vieja» ritrova una certa aria di casa: gli altopiani battuti dal vento.

Agli inizi della guerra civile rientra in Dalmazia e da qui va a Gorizia e Venezia (dove, nel ’43, espone presentato da Filippo de Pisis). Assieme a Parigi, Venezia diventerà il luogo eletto, sempre cercato. Canali, bacini, chiese, barche, bragozzi, bettoline, pontili, rimorchiat­ori e le lontane Prealpi quando il cielo è terso, diventano note di un concerto sotteso.

Queste tre mostre ne sono la dimostrazi­one.

 ??  ?? Zoran Music, Motivo dalmata, 1948, (courtesy Galleria d’Arte Maggiore g.a.m., Bologna / foto Matteo Monti)
Zoran Music, Motivo dalmata, 1948, (courtesy Galleria d’Arte Maggiore g.a.m., Bologna / foto Matteo Monti)

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