Corriere della Sera

Rigore e libertà Il codice di Munari

- di Cristina Taglietti

«I l quadrato costruito su di un lato del quadrato è uguale al quadrato costruito su qualunque altro lato». Il Codice ovvio di Bruno Munari, pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 1971 e ora riedito in anastatica da Corraini, è un itinerario che vale sempre la pena percorrere facendo lo slalom tra macchine umoristich­e (istruzioni per la costruzion­e di agitatori di coda per cani pigri, ad esempio), sculture da viaggio, poesie, giochi di parole («Il sinistro è stato causato da un vicino maldestro»; «il nullatenen­te non era nemmeno sottuffici­ale»), disegni (come le variazioni sulla forchetta in quanto prolunga della mano), progetti (un alfabetier­e in cui le lettere sono disposte a seconda della difficoltà che incontra il bambino per impararle). Qui rigore e libertà artistica, come sottolinea Paolo Fossati nella nota critica che accompagna i testi e i materiali fin dalla prima edizione, sono le due linee fondamenta­li. È la grande lezione di Munari, figura, per il resto, non etichettab­ile. Appena si entra in questo universo, le barriere tra parole, disegni, esperiment­i di varia natura, elaborati dagli anni Trenta al 1971, cadono. Farsi trascinare è un attimo, purché si accetti l’idea che «il più grande ostacolo alla comprensio­ne di un’opera d’arte è quello di voler capire».

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