Rigore e libertà Il codice di Munari
«I l quadrato costruito su di un lato del quadrato è uguale al quadrato costruito su qualunque altro lato». Il Codice ovvio di Bruno Munari, pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 1971 e ora riedito in anastatica da Corraini, è un itinerario che vale sempre la pena percorrere facendo lo slalom tra macchine umoristiche (istruzioni per la costruzione di agitatori di coda per cani pigri, ad esempio), sculture da viaggio, poesie, giochi di parole («Il sinistro è stato causato da un vicino maldestro»; «il nullatenente non era nemmeno sottufficiale»), disegni (come le variazioni sulla forchetta in quanto prolunga della mano), progetti (un alfabetiere in cui le lettere sono disposte a seconda della difficoltà che incontra il bambino per impararle). Qui rigore e libertà artistica, come sottolinea Paolo Fossati nella nota critica che accompagna i testi e i materiali fin dalla prima edizione, sono le due linee fondamentali. È la grande lezione di Munari, figura, per il resto, non etichettabile. Appena si entra in questo universo, le barriere tra parole, disegni, esperimenti di varia natura, elaborati dagli anni Trenta al 1971, cadono. Farsi trascinare è un attimo, purché si accetti l’idea che «il più grande ostacolo alla comprensione di un’opera d’arte è quello di voler capire».