Regole comuni sull’accoglienza Così in sei mesi è rinata la sintonia tra «sorelle latine»
La svolta anche con l’accordo libico
Il Trattato del Quirinale PARIGI riuscirà forse a sanare quell’eterno sentimento di incompiutezza che si affaccia da sempre nei rapporti tra Francia e Italia. «Sorelle latine» quanto si vuole, come ogni leader ricorda nelle conferenze stampa, ma consapevoli che la precedenza va comunque al rapporto privilegiato tra Parigi e Berlino, «il motore dell’Europa»: espressione anch’essa rituale ma capace di provocare ogni volta una fitta nel cuore dell’Italia. Se Macron ieri a Roma è arrivato a evocare una «relazione particolare» tra Francia e Italia, così importante da sancirla con un Trattato del Quirinale, è anche perché negli ultimi mesi i due Paesi sono riusciti a sviluppare una intesa molto forte sulla crisi che più mette a rischio la costruzione europea, quella dei migranti.
Oggi si lavora a un Trattato solenne, eppure appena nel luglio scorso le relazioni tra Parigi e Roma hanno conosciuto uno dei punti più bassi degli ultimi anni. Il governo Gentiloni è stato costretto a fare la voce grossa dopo l’inaspettata marcia indietro di Macron sul dossier STX-Fincantieri, le traversie di Bolloré in Telecom e Mediaset non hanno aiutato, il presidente francese ha ignorato la nostra diplomazia invitando a La Celle-Saint-Cloud i due leader libici in lotta Fayez al-Sarraj (il presidente legittimo vicino all’Italia) e Khalifa Haftar (sostenuto dalla Francia), ma soprattutto si è assistito a uno scontro sulla politica di accoglienza.
L’Italia chiedeva aiuto all’Europa e in particolare alla Francia perché altri porti, per esempio quello di Marsiglia, venissero aperti in modo da accogliere le navi che soccorrevano migliaia di disperati nel Mediterraneo, e la Francia opponeva il suo rifiuto, aggiungendo un nuovo motivo di attrito al larvato conflitto che da anni prosegue sul confine di Ventimiglia.
In Italia, uno dei Paesi che con più interesse ha seguito l’ascesa di Macron all’Eliseo, cominciava a diffondersi la delusione per un presidente francese che rischiava di essere percepito come europeista più a parole che nei fatti.
Se sui migranti si è quasi rischiata la rottura, è sui migranti che Francia e Italia hanno ripreso a intendersi fino ai risultati spettacolari di questi giorni.
La svolta si è avuta con l’accordo che il governo Gentiloni è riuscito a trovare in agosto, grazie agli sforzi del ministro Minniti, con quattordici sindaci libici che in cambio di aiuti si sono impegnati a frenare gli sbarchi.
In poche settimane gli arrivi sono crollati: tremila nel mese di agosto contro i 21 mila dell’anno precedente. Il 27 agosto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha potuto partecipare da protagonista al vertice a quattro di Parigi tra Francia, Italia, Germania e Spagna. «Il lavoro dell’Italia sui migranti è un esempio», disse il presidente francese. Seguì una cena in maniche di camicia nell’afa del giardino dell’Eliseo, dove cominciava a nascere un rapporto anche personale tra Macron e Gentiloni.
Da quel momento in poi tutto è andato liscio: un mese dopo nella conferenza di Lione si è formalizzato l’accordo su STX-Fincantieri ed è stato evocato per la prima volta un possibile «Trattato del Quirinale», poi Italia e Francia hanno stretto la collaborazione sulle rotte dei migranti con la decisione di Roma di aiutare Parigi nella lunga e onerosa missione nel Sahel inviando 470 soldati in Niger.
Per la fermezza verso i migranti in questi giorni Macron viene duramente attaccato in Francia, a Gentiloni non sono mancate critiche al tempo dell’accordo con le autorità libiche. Sul tema decisivo dei prossimi anni alla Francia potrebbe tornare utile, più che il Trattato dell’Eliseo con la Germania, quello del Quirinale con l’Italia.
Gli attriti Appena a luglio, Roma e Parigi hanno conosciuto uno dei punti più bassi delle relazioni bilaterali, con lo scontro su Fincantieri