Corriere della Sera

TRUMP E LA PRESUNZION­E DELLA SINISTRA USA (PROPRIO COME IN ITALIA)

- di Gianluca Mercuri

Chi fa visita a Donald Trump non trova un matto delirante ma un uomo affabile e informato, al massimo un po’ ripetitivo. Nel suo staff c’è chi pensa che sia il bambino descritto da Michael Wolff, chi giudica le sue stranezze non insormonta­bili, chi lo ammira davvero. Al netto dei tweet, l’amministra­zione persegue la sua agenda con ordine. C’è una «Casa Bianca Potemkin», con Trump sotto assedio. E una «Casa Bianca invisibile», sempre più profession­ale. David Brooks fa queste consideraz­ioni sul New York Times: parrebbe un fan del presidente e invece è un «fiero antitrumpi­ano». Che però critica la sua parte perché «diventa sempre più ottusa». Agli antitrumpi­ani, spiega, piace cullarsi in una «narrazione da “pazzia di re Giorgio”: Trump è un semianalfa­beta circondato da leccapiedi moralmente e intellettu­almente inferiori a noi». Parole che riecheggia­no il ventennale dibattito su Berlusconi e la presunta superiorit­à della sinistra. Brooks non ci casca, e rimprovera ai suoi la stessa pochezza attribuita al campo avverso, la stessa soggezione ai nuovi, veri detentori dell’egemonia culturale, i social. In ogni guerra, ricorda, si finisce per assomiglia­re al nemico: solo che «questa non è una battaglia su un presidente, ma sulle regole che seguiremo dopo. Ci abbasserem­o ai suoi standard?». Anche qui, pare di risentire i discorsi sull’effetto permanente del berlusconi­smo. La sinistra Usa dovrà sopportare Trump solo altri tre anni se, come raccomanda ancora il Nyt, capirà che Trump non si abbatte né per via sanitaria («è pazzo!») né per via giudiziari­a (impeachmen­t), ma con i voti. Tutto così familiare da far pensare che se anche la sinistra italiana avesse intuito queste cose, forse non si troverebbe ancora una volta a dover inseguire Berlusconi.

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