Michielin: volevo fuggire a Bogotà, l’apparenza mi ha stancato
«Spero di non vivere fino al 2640». Francesca Michielin lo dice con la sfrontatezza dei suoi 22 anni. Quel numero è il titolo del suo nuovo album che esce oggi, ma non è una proiezione nel futuro. «È l’altitudine di Bogotà, città dove avrei voluto fuggire dopo un anno difficile. Volevo smettere di fare musica. Tutto è forma, si è perso il contenuto, anche chi non sa cantare o suonare può fare un disco». Invece è finita che prima di fare le valigie se ne sia andata in studio a sistemare dei provini e da lì si sia lasciata risucchiare dalla musica. «È nato un album senza filtri, sincero, senza estetica o poetica. Con tre anime, come i triangoli sulla copertina. Uno rosso come un vulcano che è voglia di comunicare esplosiva; uno azzurro come il mare che rappresenta la capacità di ascoltare; uno verde come la montagna dove sono nata e che richiede capacità di immaginare».
Radici nel profondo Veneto, ma testa senza confini. Cina, Angola, Bolivia... i testi mettono bandierine su tutto il mappamondo. «Sono nata a Bassano ma sono tutte le persone che ho incontrato e le cose che ho mangiato», dice. C’è una strofa in ghanese all’interno di «Tapioca». «Nel mio quartiere c’era una comunità ghanese e sono cresciuta facendo i pranzi domenicali, i compiti dopo scuola e gli allenamenti di ginnastica artistica con persone di origine africana. Ho campionato la voce di un’amica che interpreta un canto liturgico popolare: un Laudato si’ in versione urbana. Celebro una multiculturalità che ho potuto vivere pur stando in un piccolo paese». Altro che Franceschina. «Basta con questa cosa della ragazzina carina e cucciolina», ringhia. «Bolivia» è il suo modo di prendersela coi furbetti del volontariato. In «Lava» si rivolge a tutte le donne in inglese chiamandole sister: «È allucinante che qualcuno possa ancora pensare alla donna che lava i piatti e bada ai figli: abbiamo le stesse facoltà degli uomini. A casa mia hanno sempre comandato le donne. Passo e chiudo». Ci sono anche molti riferimenti pop: leggerezza ma sempre con la voglia di dire qualcosa. «Alonso» è dedicata al campione di F1 ma è un modo di celebrare «l’attitudine ad andare sempre dritto». «La serie B» prende la retrocessione del Vicenza che la ridusse in lacrime da ragazzina «per elogiare chi retrocede nella vita ma continua a lottare». Il 16 marzo da Parma parte il tour: «Sarà un gioco musicale fra digitale e analogico. Del resto, con un fratello di 10 anni più grande e con dei genitori giovani, ho vissuto con dischi, telefoni e altri oggetti che mi passavano loro».