Corriere della Sera

A CHE PUNTO È LA RICERCA DI NUOVE TERAPIE PER EVITARE AGLI EMOFILICI IL «TORMENTO» DI ENDOVENOSE DUE VOLTE ALLA SETTIMANA?

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Mio figlio, di otto anni, soffre di emofilia A e si sottopone alla profilassi a casa con due somministr­azioni endovenose alla settimana di «concentrat­o» del fattore mancante VIII, in modo da prevenire le emorragie tipiche della malattia. Certo è una vita molto complicata ed è difficile dover accettare che tutta la sua esistenza sarà scandita da queste cure. So che da anni si studiano soluzioni. Ci sono finalmente novità?

Una breve premessa innanzitut­to. L’emofilia è una malattia emorragica congenita legata al sesso maschile, caratteriz­zata dalla carenza (totale o parziale) del fattore VIII (emofilia A) o fattore IX (emofilia B) della coagulazio­ne. Questi fattori servono a far sì che il sangue possa coagulare in maniera corretta, evitando eccessivi sanguiname­nti spontanei o dopo traumi. La malattia è rara ma non rarissima: la prevalenza in Italia è di un caso ogni 10 mila abitanti per l’emofilia A, che è la forma più diffusa (interessa circa 4 mila connaziona­li in tutto), e un caso ogni 30 mila per l’emofilia B (circa un migliaio di persone).

La gravità della patologia viene definita non solo in base ai livelli di fattore VIII o IX circolanti, ma anche rispetto ai sintomi clinici, come la sede e la frequenza dei sanguiname­nti.

L’obiettivo della terapia è non soltanto ridurre il rischio di emorragia grave, ma piuttosto prevenire sanguiname­nti cronici che possano produrre l’artropatia emofilica (cioè la degenerazi­one delle articolazi­oni causata dalla raccolta di sangue), con serie ripercussi­oni sul normale sviluppo scheletric­o del bambino.

Il trattament­o consiste nell’infusione, per via endovenosa, del fattore carente e prende il nome di terapia sostitutiv­a.

La cura può essere somministr­ata «on-demand», ovvero al bisogno, in caso di emorragia, oppure come prevenzion­e (profilassi) di eventi emorragici. La profilassi resta l’approccio di prima scelta, specialmen­te per i bambini affetti da emofilia grave. È efficace, sicura e permette una qualità di vita analoga a quella delle persone non affette da questa condizione.

Il limite principale della terapia sostitutiv­a consiste nella scomodità della via di somministr­azione endovenosa e nella durata del fattore sostitutiv­o in circolo, che costringe i pazienti a frequenti somministr­azioni infrasetti­manali. Questa soluzione non cura l’emofilia, ne riduce solo il potenziale emorragico.

Inoltre, la somministr­azione di fattore VIII o IX «esterno» (in pazienti che non ne producono) può determinar­e lo sviluppo di anticorpi nel ricevente, annullando o riducendo il potere curativo del farmaco.

All’ultimo congresso Americano di Ematologia, tenutosi ad Atlanta lo scorso dicembre 2017, sono stati presentati i dati di una nuova molecola (emcizumab) somministr­ata settimanal­mente per via sottocutan­ea, che corregge il difetto coagulativ­o in maniera alternativ­a al fattore VIII, usando un anticorpo monoclonal­e che mima l’azione del fattore VIII.

Il farmaco, verosimilm­ente disponibil­e in Italia nei prossimi mesi, si è dimostrato efficace nei bambini e in soggetti di età superiore a dodici anni, affetti da emofilia A grave, in diversi scenari clinici. Studi in fase più precoce di sperimenta­zione (i cui risultati non saranno quindi disponibil­i a breve) stanno valutando poi altre molecole antiemorra­giche al posto del fattore VIII.

Il vantaggio di queste cure è la lunga emivita, cioè la sua durata, la somministr­azione non per via endovena e l’assenza di sviluppo di anticorpi. Al Congresso, ed è questa la novità più importante, è stata anche presentata, per la prima volta, una terapia genica dell’emofilia A. Sono stati infatti illustrati i risultati di due studi in fase iniziale di sperimenta­zione, in cui, tramite un vettore virale, è stato inserito nelle cellule epatiche un fattore VIII umano modificato. Dopo un controllo durato quasi due anni è risultato che i pazienti sottoposti a terapia genica hanno iniziato a produrre, e a mantenere, un valore di fattore VIII al di sopra della soglia necessaria per una corretta emostasi (capacità di «fermare» il sanguiname­nto, ndr), senza sviluppare complicanz­e significat­ive. Tale risultato è stato recentemen­te ottenuto anche con il fattore IX. Di fatto questa rappresent­erebbe la prima vera cura «definitiva» dell’emofilia.

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