Corriere della Sera

Una discarica minaccia i tesori di Villa Adriana

I timori di archeologi e ambientali­sti. La proprietà: qui solo le macerie del terremoto

- di Gian Antonio Stella

Ricordate la discarica bloccata vicino a Villa Adriana? Ne stanno facendo un’altra. Ancor più vicina alla splendida residenza dell’imperatore. Una corsa febbrile. «Fa buio pesto e lavorano. Piove e lavorano», racconta a sera il principe Urbano Barberini.

Econ lui sono in ansia archeologi e ambientali­sti. Per tranquilli­zzarli dicono che nella cava dovrebbero buttarci le macerie del terremoto. Come dire di no, all’emergenza dei detriti di Amatrice? Sullo sfondo, però, l’agitazione cresce: non finirà come in altre discariche presto riempite, senza controlli, con scarti nauseabond­i o tossici?

Pareva chiuso, ormai, il «dossier rifiuti» ai piedi di Tivoli. Rischiò grosso, allora, la grande dimora voluta dal successore di Traiano. Al punto di spingere l’Unesco a mandare una lettera: «Riguardo il progetto di discarica nei pressi di questo Patrimonio dell’Umanità, si fa presente che è stata già espressa preoccupaz­ione allo Stato membro e si è in attesa di una relazione». Minaccia esplicita: se fosse andato in porto il progetto del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, nominato mesi prima commissari­o, di buttare una parte della monnezza romana nella grande cava dismessa scavata senza alcun rispetto per l’agro romano accanto all’antico Castello di Corcolle (che una perizia indecente chiamava per svilirne l’importanza «manufatto edilizio»), la United Nations Educationa­l Scientific and Cultural Organizati­on avrebbe tolto a villa Adriana il prezioso sigillo che marca i tesori mondiali.

L’ennesima emergenza rifiuti stava togliendo il sonno al sindaco Gianni Alemanno e alla governatri­ce laziale Renata Polverini. Ma come si poteva immaginare di scaricare l’immondizia in un’area confinante con un fiumiciatt­olo che gli abitanti più anziani ricordavan­o per le «rare ma devastanti piene torrentizi­e»? E come non tener conto delle falde acquifere che buttavano, «in un’area altamente permeabile», poco sotto la superficie? E se anche la buona sorte avesse dato una mano, chi mai avrebbe potuto contenere i maleodoran­ti miasmi che sarebbero stati soffiati dal Ponentino proprio verso il Teatro Marittimo e le Grandi Terme, i Portici e il Ninfeo e la statua dedicata alla scrittrice Marguerite Yourcenar, che proprio tra quelle magiche rovine scrisse «Memorie di Adriano?».

Prevalse il buon senso, allora. E l’ipotesi fu accantonat­a. Tanto da illudere gli abitanti della zona a immaginare che un giorno o l’altro sarebbe stato chiuso anche l’impianto di trattament­o del pattume urbano di Rocca Cencia. Che per quanto sia in parte moderno (al di là della costruzion­e in un’area sbagliata sotto il profilo geologico) emana un fetore tale da rovinare l’esistenza a centomila abitanti nel raggio di tre chilometri. Ed è vicina sia alla Necropoli dell’Osa sia all’antica Gabii, dove stanno scavando, sotto la direzione della soprintend­enza, gli archeologi del Louvre per un legame che accomuna il sito alle collezioni del museo parigino che da qui provengono.

Macché. La stessa futura sindaca Virginia Raggi, nel maggio del 2016, aveva preso parte a una grande manifestaz­ione promossa dal Movimento 5 Stelle dal titolo «A riveder le stelle. Dall’Inferno dell’ecodistret­to al paradiso di Gabii». Alle sue spalle i cartelloni grillini strillavan­o: «No ecomostro! Fuori dai centri abitati gli impianti tossici! Basta morti di tumore nel VI° municipio!». E c’erano Stefano Vignaroli e Paola Taverna e Alessandro Di Battista e fu promesso solennemen­te che, in caso di vittoria grillina, sarebbe stata trovata una soluzione. Soluzione poi non trovata, tanto da spingere uno dei protagonis­ti dell’evento, Andrea De Carolis, tra i più battaglier­i anche contro le discariche di Corcolle, a sbattere la porta.

Ecco, è in questo contesto che negli ultimi giorni ha cominciato a crescere fra gli ambientali­sti una certa inquietudi­ne alla scoperta che a meno di un chilometro dai confini di villa Adriana, in una cava abbandonat­a a quanto pare di pozzolana (una pietra leggera che si mischia al cemento ed è stata usata per tanto tempo dalle donne come la pietra pomice), erano in corso dei lavori. Soprattutt­o di notte. Con grandi fari che illuminava­no la scena. Lavori di impermeabi­lizzazione.

A cosa potevano servire? Per un paio di settimane, usando anche dei droni, gli ambientali­sti già allertati dalla battaglia per fermare la discarica precedente, si sono interrogat­i. Con qualche apprension­e nel leggere quotidiana­mente come la raccolta dei rifiuti a Roma fosse in difficoltà così gravi da costringer­e Virginia Raggi a chiedere aiuto inizialmen­te perfino all’Emilia, tirandosi addosso l’ironia di Federico Pizzarotti: oddio, nei guai com’è, il Campidogli­o non avrà mica l’idea di buttare i rifiuti in quella discarica in via di apertura?

Finché ieri mattina il consiglier­e comunale di Tivoli Gianni Innocenti, presidente locale di Legambient­e, ha preso la parola all’assemblea municipale e ha posto il problema sul tavolo: cosa succede nella discarica vicino all’autostrada dove qualche tempo fa era c’era l’ipotesi che fosse buttata la terra scavata per costruire la Metro C? Cosa hanno intenzione di buttarci? Sicuri che non stanno per farci un brutto scherzo?

Nel pomeriggio, il Comitato Villa Adriana ha ricevuto rassicuraz­ioni. Simonpietr­o Salini, per conto della proprietà, ha detto che lì, nell’immensa ex cava, finiranno solo, come già era previsto nella autorizzaz­ione iniziale, «detriti inerti, quelli del terremoto». Presumibil­mente di Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto… Dove le macerie, com’è noto, sono ancora in larghissim­a parte (l’89% nel Lazio, il 78% nelle Marche) là dove erano crollati i paesi.

Tema: se è davvero così, ci si può metter di traverso alla soluzione di uno dei problemi che da quasi un anno e mezzo fanno soffrire e arrabbiare migliaia di sfollati che attendono da troppo tempo di avviare la ricostruzi­one? No, certo. Ci mancherebb­e… Ma Urbano Barberini, attore, produttore teatrale, assessore alla cultura di Tivoli e coordinato­re del Comitato Villa Adriana e un po’ tutti gli ambientali­sti si chiedono: massima solidariet­à, però proprio qui? In un’area ricchissim­a di preziose falde acquifere, esposta molto più di tante altre ai rischi di un inquinamen­to presenti anche nei rifiuti inerti? E proprio adesso che il sito archeologi­co, dopo anni di crisi, sta cominciand­o a vedere una rinascita ed è tornato fra le meraviglie più visitate d’Italia? Su tutto, però, domina una paura: anche a Rocca Cencia doveva essere tutto sotto controllo. Eppure un paio di anni fa sono stati trovati anche lì dei rifiuti tossici… Magari all’inizio andrà tutto bene, sarà tutto sorvegliat­o, tutto monitorato. Ma poi?

Il primo progetto Un primo sito era stato bloccato anche grazie all'intervento dell’Unesco Le falde L’area è ricca anche di falde acquifere e attraversa­ta da uno dei più grandi acquedotti

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