Corriere della Sera

Il Papa con la foto di Nagasaki «Temo una guerra atomica»

In volo verso il Cile, nuovo appello al disarmo nucleare

- di Gian Guido Vecchi Salom, Santevecch­i, Sarcina

«Siamo al limite: ho paura di una nuova guerra nucleare»: papa Francesco parla sull’aereo che lo porta in Cile e dona ai cronisti la foto-simbolo di un bambino scattata nel 1945, a Nagasaki, dopo l’esplosione atomica che distrusse la città giapponese.

La foto ritrae un bambino che stringe le labbra, lo sguardo triste e le braccia lungo i fianchi come fosse sull’attenti, il fratello più piccolo legato dietro le spalle, morto. Francesco ne ha fatte fare delle copie per donarle ai giornalist­i che lo seguono sul volo verso il Cile. «L’ho trovata per caso, è stata scattata nel ’45 a Nagasaki, dopo l’esplosione della bomba. Il bimbo che porta il fratellino aspetta il suo turno davanti al crematorio. Quando l’ho vista, quando ho visto la tristezza di questo bambino, ho osato scrivere soltanto: “Il frutto della guerra”. Ho pensato di farla stampare e condivider­la con voi perché un’immagine come questa commuove più di mille parole».

Il Papa passa a salutare i giornalist­i mentre l’aereo è ancora sul Mediterran­eo. Ma davvero, gli chiedono, ha paura di una guerra nucleare? Il Papa annuisce: «Sì, ho davvero paura e penso che siamo al limite. Questo pericolo esiste veramente. E io ho paura di questo, basta un incidente. Di questo passo, la situazione rischia di precipitar­e. Bisogna eliminare le armi nucleari, adoperarci per il disarmo».

Il volo è il più lungo tra quelli compiuti dal Pontefice in ventidue viaggi internazio­nali, 12.123 chilometri, quindici ore. Il programma è intensissi­mo: sei città in sette giorni, dieci voli. «Grazie per il vostro lavoro che sarà impegnativ­o, tre giorni un Paese, tre in un altro… In Cile ho studiato un anno, ho tanti amici; invece il Perù lo conosco meno, sono andato due o tre volte per convegni, incontri…». Francesco sorride sereno, come se la fatica non lo riguardass­e, una giornalist­a gli dice: ma lei come fa, che cosa le dà il suo medico che lo prendo anch’io? E lui ride, «ma io non vado dal medico, vado dalla strega!». Al ritorno risponderà come sempre alle domande dei giornalist­i, «ho sempre avuto paura delle interviste e guarda che lavoro mi è capitato…».

Il volo AZ4000 è atterrato a Santiago prima di mezzanotte. Accolto dal canto dei bambini e dalla presidente uscente Michelle Bachelet, il Papa è andato subito a riposare nella nunziatura. Non sarà un viaggio facile, del resto. Il motto è «Vi do la mia pace». In Cile come in Perù la Chiesa è ai minimi storici di popolarità, tra gravi scandali di pedofilia nel clero e una gerarchia conservatr­ice percepita come distante dal popolo. Alla vigilia ci sono stati atti vandalici contro le chiese e contestazi­oni.

Oggi Francesco si rivolgerà alle autorità alla Moneda, celebrerà la prima grande messa in un parco del centro, visiterà un carcere femminile. Un viaggio per mostrare il volto di una Chiesa attenta anzitutto «ai fratelli più bisognosi, a quanti sono scartati dalla società». E pronta a denunciare «la corruzione che impedisce lo sviluppo e il superament­o della povertà e della miseria», spiegava il Segretario di Stato Pietro Parolin. In questi giorni, Francesco vedrà le vittime della dittatura di Pinochet, fuori programma è atteso un incontro privato con alcune vittime di preti pedofili. Dai Mapuche ai popoli dell’Amazzonia, sosterrà in particolar­e i diritti delle popolazion­i indigene e la tutela dell’ambiente come «casa comune».

L’allarme del Papa «Siamo arrivati al limite Di questo passo la situazione rischia di precipitar­e»

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Un bambino di Nagasaki porta in spalla il fratellino morto: è la foto donata da Francesco agli operatori dei media durante il volo verso il Cile
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(Reuters) Sull’aereo Papa Francesco mostra la foto del bambino di Nagasaki

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