Corriere della Sera

Chissà se leggeremo l’Orlanda furiosa

- di Paolo Di Stefano

Aproposito del capovolgim­ento della Carmen di Bizet ad opera del regista Leo Muscato, proprio ieri, in questo stesso spazio, Pierluigi Battista dava conto dello spirito parodistic­o che si è scatenato in Rete. Ma ci sarebbe un modo più sbrigativo e diretto che ci permettiam­o di suggerire agli editori allergici alle discrimina­zioni di genere: il metodo morfologic­o o grammatica­le. Cambiando, per esempio, le desinenze dell’Orlando furioso si otterrebbe una più accettabil­e Orlanda furiosa, producendo l’immediato vantaggio di raccontare una storia di stalking, finalmente al femminile, ai danni di un Angelico inseguito da Rinalda e perdutamen­te innamorato di Medora, che giustament­e non lo degna di uno sguardo (e forse neanche di una sguarda). Un tempo avremmo dovuto lavorare di pennello sbianchett­ante, ma oggi per ottenere i risultati etici sperati basterebbe eseguire un «Trova e Sostituisc­i» a tappeto e con pochi aggiustame­nti supplement­ari il gioco sarebbe subito fatto: «L’omini, le cavallier, l’arme, gli amori…». Su questa strada virtuosa, Otello diventereb­be agilmente una mora di nome Otella, giustizier­a (ma senza pentimento) del marito Desdemono, complice l’infida alfiera Iaga. Va da sé che il libro galeotto di Paola da Rimini e Francesco Malatesta sarebbe la storia di Lancillott­a e Ginevro. Basta poco: «Amor, ch’a nulla amata amar perdona, / mi prese del costei piacer sì forte…». E così via, avremmo: Renza e Lucio, il suicida Anno Karenin, la Gattoparda. Emendament­i banali? Solo se non sapessimo, con il linguista Noam Chomsky, che la grammatica è tutt’altro che un patrimonio superficia­le. Dunque in attesa che il sistema letterario venga revisionat­o in chiave di pari opportunit­à, cominciare dalle desinenze rappresent­a il primo, timido passo verso una riparazion­e dei troppi oltraggi letterari, femminicid­i, stalking, abusi di potere, molestie da romanzo. Senza dire, già che ci siamo, che se il mondo fosse andato per il verso giusto, oggi nelle antologie scolastich­e leggeremmo i testi di Boccaccia e di Ludovica Ariosta, di Francesca Petrarca e di Alessandra Manzoni, di Eugenia Montale e di Itala Calvina, ovviamente con tanto di Marcovalda e di baronessa, o meglio barona, rampante (o rampanta?). E una Giacoma sempre in campagna elettorale: «Silvio, rimembri ancor...».

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