«Tiramisù o panettone l’importante è trasgredire»
Massari: «Prendiamo esempio d’Oltralpe. E viva la tecnologia»
Gli anni passano, la tecnologia ha consentito di produrre in grande scala la migliore pasticceria artigianale ma i dolci più amati in Italia restano due. Classici. E Iginio Massari, «re» della Pasticceria Veneto di Brescia, tra le più premiate del Paese, non ha dubbi: «Tiramisù e panettone. Soprattutto quest’ultimo. Oggi cercano di farlo tutti, sempre di più, tutto l’anno, ma è un dolce complicato, non si può raccontarlo, va vissuto. Se ti riesce al primo colpo, è successo sicuramente per caso». Non si fanno più, invece, i marron glacé. «I pasticceri delle ultime generazioni non sanno quasi cosa sono — continua Massari, un amore per la cucina nato in casa grazie alla madre cuoca e al padre direttore di una mensa, e poi una lunga carriera fatta di successi, premi vinti e ora culminata con lo sfizio della televisione con il suo programma The Sweetman, in onda su Sky Uno—. Ed è un peccato perché l’Italia ha i migliori marroni del mondo».
Così come i pasticceri. Nonostante fasi alterne nella storia dolciaria del Paese. «Negli anni Sessanta e Settanta la pasticceria italiana, sia quella di nicchia che quella industriale, era di livello eccelso», racconta Massari. «Grazie soprattutto a due aziende, la Motta e la Alemagna, che sapevano anche comunicare bene i propri prodotti». Oggi, invece, è la Francia che guida. «Oltralpe i pasticceri sono stati in grado di trasformare i dolci in cibi di lusso, d’autore, per cui vale la pena spendere cifre considerevoli, come nell’alta cucina. In Francia, insomma, considerano pasticcini, bignè e tartellette come speciali oggetti del desiderio al pari del sesso». Del resto è la trasgressione, ne è convinto da sempre Iginio Massari, il motore della pasticceria (alla festa per i suoi 75 anni, compiuti lo scorso autunno, lo staff della sua pasticceria ha preparato un dolce detto «Il peccato»). «Se non si rompono le regole non si progredisce». E comunque i dolci sono una piacevole trasgressione da non condannare: «Sono peccati da godere. Se si sacrifica troppo il corpo, si sacrifica anche l’anima. L’importante è non esagerare».
E, tornando alla Francia: «Là si trasgredisce. I pasticceri sono ammirati da tutti. E si tiene particolarmente alla formazione. In Italia, invece, oggi i dolci sono prodotti popolari, sinonimo di piazza, dove si svolge la maggior parte dei concorsi di settore, e di famiglia». C’è un però. «Noi abbiamo sempre grande fantasia». Basti pensare al cake design. «Una moda, quella delle torte coloratissime, che arriva dall’America, ma noi i dolci belli, oltre che buoni, li abbiamo sempre fatti, solo li abbiamo comunicati un po’ meno bene». In pasticceria, insomma, ci siamo sempre fatti valere». Nel 1997 è stato proprio Massari ad allenare la squadra italiana di pasticceria vincitrice a Lione della coppa del mondo. E nel 2013 è stato allenatore individuale italiano per il Campionato mondiale del «World Chocolate Masters», vittoria con medaglia d’oro. «E in quel momento abbiamo vinto con il più alto punteggio di scarto dalla seconda squadra piazzata».
Che cosa è cambiato negli ultimi anni? «Utilizziamo ovviamente sempre più tecnologia. Che è un bene. Sbagliamo, cioè — è convinto Iginio Massari —, a considerare artigianali solo quei dolci che si fanno con le sole mani. Io sono nato e sempre resterò un artigiano: e non è la quantità che mi caratterizza ma il fatto che i miei dolci sono sempre freschi e sani, molto più di una volta, grazie alla tecnologia». Alla fine, comunque, quello che resta sempre — ama ripetere Massari — è una regola: l’arte dolciaria è matematica, basta cambiare un solo grammo per rovinare tutto.
Niente più marron glacé, i nuovi pasticceri non sanno quasi cosa siano