Banchi non ne può più: se ne va da Torino
Lite con padre e figlio Forni, proprietari del club, e dimissioni malgrado la squadra sia quinta
Quando nell’intervallo di Openjobmetis-Fiat, con i padroni di casa avanti di 11 punti, il vicepresidente torinese Francesco Forni è entrato nello spogliatoio a spiegare al «suo» allenatore che cosa si doveva fare per vincere, Luca Banchi non ce l’ha fatta più: ha sbottato — è pur sempre un buttero maremmano, come ama definirsi — e ha risposto, prima davanti a una squadra ammutolita e poi in campo, ribaltando il risultato; quindi si è sfogato con il suo esagitato dirigente, stavolta accompagnato da papà Antonio, nel secondo round a fine partita. E a quel punto ha preso la sua decisione: dimissioni irrevocabili.
Mica facile rinunciare a un sostanzioso contratto di tre anni, sottoscritto appena lo scorso giugno. Impensabile lasciare una squadra che finora è andata persino oltre le attese, quinta in campionato al termine del girone d’andata (e quindi ammessa alle Final Eight di Coppa Italia) e con passo spedito in Eurocup, dove ha collezionato lo scalpo del Bayern di Sale Djordjevic. Eppure Banchi, 52 anni, segno del Leone, non ci ha pensato troppo su: integro e integralista, ha sempre messo nella vita solo due cose al di sopra del basket, la famiglia e l’etica. E quando ha capito che il suo carattere non poteva più sopportare le ingerenze della famiglia Forni, proprietaria dell’Auxilium, ha preferito uscire dalla porta principale. Come un signore d’altri tempi.
Che il rapporto tra allenatore e società non fosse dei migliori lo si era già capito a inizio stagione, quando con la squadra ancora in ritiro in una puntuale intervista su La
Stampa Banchi accusò i dirigenti di non rispettare i rispettivi ruoli: hanno preso giocatori senza consultarmi, spiegò tra le altre cose, «ci sono state delle ingerenze nella campagna acquisti che mi hanno spinto anche a ipotesi drastiche pur di veder rispettata la mia dignità». Parlava già di dimissioni, all’epoca: sembrava il modo più semplice per farsi cacciare prima ancora che la stagione cominciasse, era invece una puntualizzazione necessaria per chiarire i ruoli e cercare di lavorare in maniera civile.
Non è andata così. I rapporti con papà e figlio Forni non sono mai stati idilliaci, negli ultimi due mesi volavano i piatti eppure la squadra è rimasta in linea di galleggiamento. Fino al doppio litigio di domenica sera.
Ora Torino dovrà ripartire dal quarto allenatore in tre anni di serie A. Pozzecco, Pancotto, Moretti e, perché no, Recalcati i candidati. Chiunque arrivi troverà una squadra da primi posti. Sempre che, naturalmente, segua i preziosi suggerimenti tecnici della proprietà.