Corriere della Sera

L’anno scorso mille vittime

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Quasi mille persone hanno perso la vita lo scorso anno sul lavoro. Sono questi — in aumento rispetto al 2016 — i dati ufficiali dell’Inail relativi alle morti bianche. Per l’Osservator­io indipenden­te di Bologna, queste tragedie sono spesso simili l’una all’altra: mancanza di protezioni, procedure non rispettate, sistemi di sicurezza insufficie­nti.

Se potessero parlare — i 13 mila morti sul lavoro censiti negli ultimi 10 anni dall’Osservator­io indipenden­te sulle morti sul lavoro di Bologna — raccontere­bbero storie che assieme al dolore provocano una rabbia sorda e impotente: troppo simili l’una all’altra, queste tragedie mostrano che sul lavoro si muore sempre allo stesso modo. Disgrazie prevedibil­i. Sulla carta facili da evitare. Caduta dall’alto senza il caschetto protettivo, soprattutt­o in edilizia. Schiacciat­i da mezzi pesanti in agricoltur­a. E poi ci sono i casi dell’industria, come quelli degli operai morti ieri a Milano. L’Osservator­io indipenden­te sul lavoro ha iniziato la sua attività il primo gennaio 2008 su iniziativa di un operaio in pensione, Carlo Soricelli, che ha voluto così onorare la memoria dei sette lavoratori morti alla Thyssenkru­pp di Torino. L’Osservator­io conta sia i morti nei luoghi di lavoro sia quelli che hanno perso la vita sulle strade, mentre raggiungev­ano fabbriche e uffici. Il 2017, secondo questa triste contabilit­à, si sarebbe

chiuso con 632 decessi nei luoghi di lavoro (641 nel 2016), 1.350 se si consideran­o anche quelli nel tragitto tra casa e lavoro (oltre 1.400 nel 2016). A ieri, le tragedie del 2018 avrebbero già toccato quota 29. Poi ci sono i dati ufficiali, quelli dell’Inail. Le denunce di infortuni mortali presentate all’Istituto nei primi 11 mesi del 2017 sono state 952, con un incremento di 17 casi rispetto ai 935 dell’analogo periodo del 2016 (più 1,8%) e una diminuzion­e di 128 casi rispetto ai 1.080 decessi denunciati tra gennaio e novembre del 2015 (meno 11,9%). Certo, nel valutare l’aumento di morti e incidenti bisogna tenere conto anche che nell’ultimo anno è cresciuto il numero degli occupati. «Non può esistere progresso economico senza difendere il valore del lavoro — contesta Franco Martini della segreteria nazionale Cgil —. La maggioranz­a degli infortuni è causata dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza. Risultato della continua rincorsa da parte delle imprese al risparmio e all’abbattimen­to dei costi». Tornando ai dati sugli infortuni, tra gennaio e novembre 2017 le denunce complessiv­e (quindi non solo quelle mortali) pervenute all’Inail sono state 589.495. L’aumento di 1.900 casi rispetto allo stesso periodo del 2016 (più 0,3%) è dovuto per la quasi totalità agli infortuni avvenuti nel tragitto casa-lavoro e viceversa. Gli aumenti più sensibili, sempre in valore assoluto, si sono registrati in Lombardia (più 2.340 denunce) ed in Emilia Romagna (più 1.696), mentre le riduzioni maggiori sono da attribuire alla Sicilia (meno 1.171) e alla Puglia (meno 933). Come dire: per i territori poter vantare pochi infortuni sul lavoro è una buona notizia con un retrogusto amaro. Perché avere pochi incidenti purtroppo non è sintomo di maggiore sicurezza e più attenzione nel rispetto delle regole. Ma soltanto di meno lavoro.

I numeri I dati Inail: nei primi 11 mesi del 2017 i decessi sono stati 952, 17 in più del 2016

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(LaPresse) In ambulanza Gli operai dopo essere stati recuperati dal serbatoio

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