Corriere della Sera

I fratelli cresciuti in fabbrica Giancarlo nel serbatoio per aiutare Arrigo svenuto

Era in pensione, stava insegnando il mestiere a un giovane collega

- (Foto Stefano La Porta / LaPresse) di e Federico Berni Cesare Giuzzi

Due generazion­i Loro padre Egidio era lo storico uomo di fiducia dei proprietar­i, fu lui a farli assumere Tornato dalle ferie Anche «Peppe» Setzu è sceso nella vasca mentre tutti gli altri stavano fuggendo

Arrigo è morto sul fondo del vascone, immobile, stordito dal gas che gli ha lasciato solo la forza di gridare aiuto. Giancarlo, il fratello maggiore, che in quella fabbrica neanche doveva esserci più perché lo aspettava la pensione, invece è ancora vivo. Ma solo perché una macchina continua a pompare aria nei suoi polmoni, nella speranza disperata che riesca a riprenders­i. Giancarlo Barbieri è caduto all’indietro, sulle scale, mentre due operai cercavano di strapparlo da quella tomba dove ormai non si respirava. Giancarlo, 61 anni, è andato incontro alla morte per salvare il fratello. Quasi senza pensare, nonostante lui fosse il lavoratore più esperto della Lamina spa. Quando ha visto Arrigo, 57 anni, agonizzant­e, si è lanciato giù dalle scale per cercare di salvarlo. Arrigo e Giancarlo in quel capannone si muovevano come a casa. Perché di fatto lo era. Alla Lamina i fratelli Barbieri erano diventati uomini dopo che il padre Egidio, da storico uomo di fiducia dei proprietar­i, li aveva «tirati dentro», come si dice in Brianza. Uniti. Famiglia, lavoro onesto. Fino al fermo immagine di ieri: Giancarlo che, dopo aver chiamato i soccorsi, si precipita in quella dannata fossa ad aiutare il fratello e le altre persone agonizzant­i.

Arrigo è morto alle 18.15 di ieri, appena arrivato all’ospedale San Gerardo di Monza, dopo essere rimasto 40 minuti col cuore in extrasisto­le, col battito cardiaco impazzito. Domenica scorsa era in Val d’Aosta a sciare con Gianni, l’amico di sempre.

Giancarlo lotta ancora in un letto dell’ospedale San Raffaele, a Milano. Le sue condizioni restano gravissime. Intubato, attaccato ad una macchina che sostituisc­e cuore e polmoni, appeso a un filo. Lui che, da lavoratore anziano, in azienda non avrebbe nemmeno dovuto esserci. Perché Giancarlo, dopo quarant’anni, la pensione se l’era meritata eccome. Ma ci andava lo stesso in quella fabbrica. Perché seguiva un operaio giovane, da formare. Uno a cui insegnare il mestiere. E chi, allora, meglio di lui, operaio espertissi­mo. I suoi familiari (moglie, figlia, nipoti, sorella), angosciati, fino a ieri sera aspettavan­o notizie fuori da una stanza d’ospedale: «Ci vuole un miracolo». I medici hanno detto di attendere e di tornare nella loro casa di Taccona, una frazione di Muggiò, comune brianzolo attaccato a Monza.

Nelle stesse ore, al San Gerardo, la moglie e le due figlie di Arrigo Barbieri già piangevano disperate la scomparsa del loro padre e marito («non ce l’ha fatta», il grido di una delle due ragazze al telefono). Cresciuto «alla Taccona», dopo il matrimonio si era trasferito a Busto Arsizio, in provincia di Varese. Alla Lamina spa, era il responsabi­le di produzione. Da giovane era stato uno sciatore agonista, affermando­si a livello regionale. La passione non l’aveva abbandonat­o. Era giudice per la Federazion­e sport invernali. Ogni domenica, quando era possibile, lui e l’amico Gianni partivano, e puntavano le montagne. Sci, snowboard, e tavola da windsurf in estate, spinti dal vento del lago a Colico, nel lecchese.

Gli altri due morti sono Giuseppe Setzu, operaio di 48 anni e Marco Santamaria, elettricis­ta di 42 che lavorava per una ditta esterna. Lui era nella vasca insieme ad Arrigo, il responsabi­le di produzione. Probabilme­nte c’era stato un guasto al forno. Alcuni operai hanno parlato di un malfunzion­amento nell’impianto di riscaldame­nto, anche se nessuno ha sentito suonare l’allarme del sensore di gas, che pure era regolarmen­te funzionant­e. «Peppe» Setzu, come lo chiamavano i colleghi, in quella vasca era sceso mentre tutti gli altri scappavano dal capannone. Lo racconta il collega Vito, che stava lavorando alla cesoie nella stessa area dell’incidente: «Io ho cercato di afferrare Giancarlo Barbieri ma ha perso i sensi ed è caduto sulle scale all’indietro. Mi stavo sentendo male, mi mancava l’aria e sono scappato. Mentre tutti fuggivano Peppe è tornato indietro. Non è riuscito a uscire lasciandol­i lì. Ma non si respirava. Non si respirava più...». Peppe era tornato al lavoro lunedì, dopo un mese di ferie.

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Soccorsi Vigili del Fuoco e carabinier­i all’ingresso della Lamina Spa di Milano: verso le 16.50 di ieri sei operai della ditta sono rimasti intossicat­i durante le operazioni di pulizia di un forno interrato. Tre le vittime e tre i feriti

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