«Droga nel drink e poi la violenza Gridavo: basta»
La trappola in un locale del centro, il trasporto in una stanza fuori città: «Trattata come selvaggina»
La droga nel drink, poi lo stupro di gruppo. La vittima ha 22 anni, è italiana come gli aguzzini. La trappola in un locale del centro di Milano, il trasporto in una casa fuori città: la donna «trattata come selvaggina». Tre arrestati. Gli aggressori inchiodati da un video. Le immagini, unite alle tracce dei telefonini e alle prove del Dna, hanno chiuso la caccia agli stupratori. Il video mostra il momento in cui la droga viene sciolta nel drink e poi fatta bere alla donna. La accompagnano con la macchina fuori Milano, a Bellusco. Nella «tana degli orrori». È un appartamento di proprietà di uno degli stupratori.
«Ma amore, lo chiedi proprio a me? Io non ho fatto niente... te lo giuro su Dio, te lo giuro sul bambino... te lo giuro...».
Spaventato, quasi piange al telefono, Mario Caputo, incalzato dalla moglie a poche ore dall’arresto di Guido Guarnieri e Marco Coazzotti, amici da una vita e complici dello stupro di gruppo. Siccome sa, la donna, di una serata trascorsa proprio con i due fino all’alba, domanda al marito se lui c’entri qualcosa con quella storia di violenze sessuali. «Non è un mio problema, non me ne frega un c...», dice Caputo. Di lì a breve, i carabinieri arresteranno anche lui assicurando al carcere tutti i componenti del branco che, dalle 23.45 del 13 aprile scorso alle 5 dell’indomani, ha «sedato» una conoscente di Coazzotti miscelando quantità di Benzodiazepine nei cocktail bevuti al pub «Why Not Next» di via Adige, l’ha trasferita in una casa e infine l’ha stuprata. A ripetizione. In ogni modo.
La vittima ha 22 anni, è italiana come gli aguzzini, abita nella zona Est e sta muovendo i primi passi nel mondo della musica. Quel locale, nella zona di Porta Romana, lo frequentava e non gli era parso strano che Coazzotti, nato 28 anni fa a Casorate Primo, in provincia di Pavia, l’avesse scelto per star insieme, con la compagnia di un drink. Né si era preoccupata, la ragazza, alle frasi dell’amico («Sapevo chi era, ci ero già uscita») che, con messaggi su WathsApp e una chiamata, le aveva annunciato la presenza di suoi due conoscenti, uno dei quali già incontrato in precedenti occasioni. Nel locale, come testimonia l’inchiesta coordinata dai pm Maria Letizia Mannella e Gianluca Prisco, i quali non hanno esitato a parlare d’una giovane trattata «come selvaggina», è scattato il piano. Preparato da tempo e documentato dai filmati delle telecamere del locale. Quelle immagini, che unite alle tracce dei telefonini e alle prove del Dna hanno chiuso la metodica caccia dei carabinieri della Compagnia di Porta Monforte, raccontano le fasi della trappola. Fin dall’arrivo in quel pub con uno dei tre che intrattiene la 22enne sui divanetti e i complici che si allontanano, ordinano i drink e dopo aver messo le mani in tasca e aver estratto una bustina, sciolgono la sostanza, nota come «la droga dello stupro» perché provoca amnesia, effetti ipnotici e dissociativi, e tremendamente letale, «capace» di passare inosservata nel momento della bevuta. La ragazza accusa i primi sintomi, inizia a sentirsi intontita e gli aguzzini insistono nel somministrarle alcolici (aperitivi e sambuche).
C’è un’altra scena, in questo abominio, all’esterno del «Why Not Next» ugualmente cristallizzata dalle telecamere. Guarnieri e Caputo (il primo è un 21enne e abita in città, il secondo un 47enne di San Donato Milanese), escono e lasciano Coazzotti con la vittima. Gli sguardi si incrociano attraverso la vetrina. Coazzotti salta per l’esultanza, folle di gioia; Guarnieri e Caputo sorridono, soddisfatti. Quella ragazza, totalmente stordita, è «pronta». La accompagnano con la macchina in direzione di un indirizzo che porta fuori Milano, a Bellusco. La tana degli orrori. È un appartamento di proprietà di Caputo. Sì, lui. Quello che giurava alla moglie d’essere innocente, invitandola a tacere: «Non parlare al telefono, metti caso sia sotto controllo, la gente fraintende le cose!».
Uno degli intercettati alla moglie:«Io non c’entro, te lo giuro sul nostro bambino»