Corriere della Sera

Lusso, affari e ferocia: arrestato il boss della mafia cinese

Preso a Roma Zhang, altri 32 fermati. Dalle bische al monopolio del trasporto merci in mezza Europa

- Marco Gasperetti mgasperett­i@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Aveva scalato la cupola della mafia cinese in Europa. E a sentirlo parlare Naizhong Zhang, 57 anni, ribattezza­to l’uomo nero, sembrava davvero di ascoltare il boss dei boss. Dal suo trono virtuale, nascosto in un quartiere di Roma, inviava messaggi in codice. Un sussidiari­o delle peggiori crudeltà «sublimato» da una saggezza orientale interpreta­ta alla rovescia. «Quando uno ti dice che ti vuole fottere, ovvero rovinare, spesso sono solo chiacchier­e — spiegava il capo — ma quando lo dico io, il capo, stai tranquillo che nessuno avrà più scampo». E ancora: «Io dico solo due frasi alle persone, se lui è mio fratello o mio amico basta! Se sei un nemico allora sei finito!».

La pedagogia nera, del «Più Potente», come si presentava ai «fratelli», faceva proseliti. E per comunicare tutto il suo carisma criminale, Naizhong aveva anche organizzat­o all’hotel Hilton di Roma un matrimonio da favola: quello del figlio, con gli invitati che invece della «solita» navetta avevano a disposizio­ne Ferrari e Lamborghin­i. Il boss ha regnato fino a due giorni fa, quando la polizia nell’ultimo pedinament­o lo ha visto ricevere in un ristorante a Prato numerosi cinesi che lo onoravano con inchini. Ora è in carcere, insieme alla fidanzata e ad altre 31 persone. Una cinquantin­a gli indagati. Tutti accusati di associazio­ne per delinquere di stampo mafioso. L’inchiesta è partita grazie alle intuizioni di Ettore Squillace Greco, oggi procurator­e di Livorno, e alle indagini dello Sco coordinate dal direttore Alessandro Giuliano, figlio di Boris il capo della Mobile di Palermo assassinat­o da Cosa Nostra. L’organizzaz­ione, secondo la Procura di Firenze, avrebbe colpito in mezza Europa e imposto la sua potenza durante la guerra tra bande con diversi morti ammazzati a Prato, tra spedizioni punitive, assalti, minacce, estorsioni.

La mafia cinese uccideva e faceva affari. Il centro dell’attività criminale era un’azienda di autotraspo­rti di Prato. Da qui gli investigat­ori hanno scoperto collegamen­ti con una rete di bische clandestin­e, racket della prostituzi­one, spaccio di droga, gestione di locali notturni e commercio delle merci contraffat­te. I clan avevano anche il monopolio del traffico di merci cinesi su strada in Italia, Germania, Francia e Spagna, un affare da centinaia di milioni di euro.

«Sconvolgen­te l’operativit­à dell’organizzaz­ione mafiosa — spiega il Procurator­e nazionale antimafia Cafiero de Raho —. Controllav­a locali, prostituzi­one, spaccio, usura ed estorsioni. E con i metodi della violenza si accaparrav­a aziende nei trasporti infiltrand­o l’economia legale».

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