Sartiglia, la leggenda del cavaliere immortale
A Oristano lo straordinario spettacolo che unisce uomini e cavalli in una sfida per conquistare una stella
Più che un salto indietro nella storia, che evidentemente c’è e t’abbaglia, hai la sensazione d’essere aldilà del tempo e dello spazio. In un luogo liminale, una Sardegna altra. Vedi le maschere bianche dei 120 cavalieri, i loro costumi, le bardature dei cavalli, ascolti suoni mai sentiti prima, percepisci vibrazioni ataviche. E ti chiedi se questa rappresentazione arriva davvero, come racconta la storia, dalla corsa memorabile organizzata in onore di Carlo V, durante i fasti del Cinquecento e chissà, forse ancor prima, oppure se un’improbabile realtà virtuale ha plasmato per te questa scena memorabile. Siamo a Oristano, nel mezzo del Carnevale. Ma le maschere e i costumi che sfilano in via del Duomo e in via Mazzini e cavalli e cavalieri che da lì a poco gareggeranno nell’unica corsa alla stella del Mediterraneo, non sono soltanto parte di una festa carnascialesca, ma Palio, con riti immutati e immutabili, corporazioni (che qui sono chiamate gremi), cerimonie religiose, riti propiziatori, incroci di spade e investiture del Componidori, ovvero il «prescelto» che insieme ai luogotenenti guiderà il corteo dei cavalieri verso la via del Duomo e poi sarà il primo a saggiare con il suo destriero il terreno galoppando con la spada tesa per infilzare la stella e dare il via alla grande kermesse.
Eccola qui la Sartiglia, Palio e Carnevale, corsa e storia raccontata, arte, cultura e teatralità che trasforma Oristano in una città senza tempo e senza luogo. Il rito si ripete anche quest’anno, domenica 11 e martedì 13 febbraio, in quel tratto di Sardegna che l’inverno trasforma e a volte rende ancora più bello. Essere protagonisti (perché anche gli spettatori lo sono) alla Sartiglia, significa visitare cose meravigliose che nel periodo più freddo dell’anno svelano particolari inconsueti, raccontano storie immaginifiche. La costa del Sinis, che da San Giovanni raggiunge Putzu Idu e S’Archittu. Che svela tesori nascosti, come Is arudas, la spiaggia dei chicchi di riso, in realtà granelli di quarzo bianchi, ma a volte anche colorati di rosa, meraviglia della natura.
Al museo di Cabras non si
può non incontrare i Giganti di Mont’e Prama. Sono 38 sculture nuragiche, alte sino a due metri e mezzo, in parte ancora misteriose. Hanno forme tra le più disparate: ci sono pugilatori, arcieri, guerrieri.
A Santa Cristina, una trentina di chilometri a nord di Oristano, c’è la luna del pozzo. O meglio un pozzo sacro anch’esso dell’età nuragica. E’ stato costruito in modo che durate alcune giornate, nelle sue acque, si rifletta la luna.
E poi come non immergersi nel centro storico di Oristano e nella cattedrale di Santa Maria Assunta, o nei vicoli medievali della città?
La Sartiglia è una festa carnevalesca, ma in qualche modo si avvicina per coinvolgimento anche al palio di Siena. I luoghi sono diversi, così come le culture, le prospettive. Ma provate a chiedere a un oristanese e a un senese che cosa sono Sartiglia e Palio. Vi risponderanno con le stesse parole. «La Sartiglia è Oristano». «Il Palio è Siena».
Si corre sempre l’ultima domenica e il martedì di Carnevale. La domenica l’organizzazione delle fasi tradizionali è affidata al gremio dei contadini, mentre il martedì la cura è assegnata ai falegnami. S’inizia con la vestizione del Componidori verso le 11 e alle 13.30 si passa alla corsa alla stella, cioè i cavalieri al galoppo sfidano la sorte e cercano con la spada di infilzare la stella di metallo con un foro al centro appesa lungo la via Duomo. Chi vince? Nessuno, ma il cavaliere che coglie la stella avrà piccoli premi ma soprattutto quel cimelio gli entrerà nel cuore per sempre e come da tradizione sarà di buon auspicio per tutta Oristano. Anche perché chi corre per infilzala è un prescelto dal Componidori che decide chi deve avere l’onore d’impugnare la spada.
Infine ecco l’ultima «discesa», consentita per regolamento al capo corsa e ai suoi «compagni di pariglia». Saranno loro ad avere la possibilità di cogliere l’ultima stella, stavolta non con la spada ma con lo «stocco», cioè una lancia di legno. Infine c’è la corsa delle pariglie, ovvero spettacolari evoluzioni che vedono protagonisti cavalieri e cavalli. A questo punto il corteo si ritira spostandosi verso la sala della svestizione.
E il martedì? Si ripetono riti e gare, ma stavolta è il gremio dei falegnami a curarli. Con i tamburini e i trombettieri, figure fondamentali, che annunciano le varie fasi della festa con ritmi e squilli differenti. E con una sorpresa: sono le donne, le massaieddas, ad essere protagoniste della kermesse. Hanno un potere taumaturgico. Vestendo il capo della corsa lo rendono immortale.