E l’olio (di cocco si trasforma nel più buono
Considerato per anni poco salutare, sta vivendo una stagione felice. Perfetto per frullati e smoothies, ma anche per cotture lunghe. E a sorpresa, per le fritture
In cucina esistono ingredienti un tempo dimenticati che poi, silenziosamente, ritornano protagonisti. È così con molti grassi vegetali, prima scartati e poi rivalutati. Vuoi perché se ne riscoprono alcune caratteristiche o perché aumenta la curiosità e la voglia di portare in tavola cibi sempre diversi. Questo sta succedendo oggi con l’olio di cocco, ottenuto dalla polpa prima essiccata e poi pressata del frutto. Un cibo antico dal gusto esotico (è utilizzato da sempre in Asia, in India e in Polinesia) che, però, incredibilmente, può adattarsi bene anche al nostro gusto. Tanto più che per anni è stato poco considerato per colpa dei troppi grassi saturi nella sua composizione. Ma se c’è un campo in continua evoluzione grazie studi e nuove ricerche, questo è il settore dell’alimentazione. E dunque ora si è capito che, sì, quello di cocco è effettivamente un olio ricco di grassi saturi. Ma, grazie alla sua composizione chimica, quegli stessi grassi vengono trasformati subito in energia senza depositarsi su fianchi e pancia. Senza esagerare, dunque, ecco che molti hanno dato il via libera in cucina a quest’olio. Ormai reperibile facilmente nei negozi di alimentari bio o nei supermercati più riforniti. E a cui sono dedicati sempre più libri che spiegano come utilizzarlo anche in piatti italianissimi.
Jessica Oldfield, food writer e fotografa, con la sua ultima raccolta culinaria, «Olio di cocco. La Bibbia» (appena uscito per Guido Tommasi Editore), ha provato a dare una prospettiva completa sull’argomento. Indicando meticolosamente tutti gli svariati utilizzi. A partire dalle ricette base, come formaggi e salse senza lattosio. Quei condimenti, dalla maionese all’aioli, da tenere sottomano per aggiungere un nuovo profumo o dare una diversa consistenza a insalate o arrosti. Ma soprattutto, per riscoprire il gusto di
Punto di fumo
questo ingrediente. Sembrerebbe, infatti — parola di Jessica Oldfield — che l’olio di cocco si possa davvero integrare nella vita (approfondendo anche la parte dedicata alla cosmesi e alla cura del corpo) e nella cucina di tutti i giorni.
Perché, prima di tutto, è particolarmente indicato per svariate tecniche di cottura, anche di lunga durata. Come, per esempio, la lenta brasatura o la frittura. Ben si sposa poi con verdure, carne o pesce, prodotti più vicini alla nostra cucina. Grazie al punto di fumo alto, infatti, intorno ai 196 gradi per la precisione, l’olio di cocco permette di rosolare gli alimenti, anche a elevate temperature, senza il rischio di surriscaldare troppo il grasso liberando così sostanze volatili dannose per la salute. Non c’è, quindi, da stupirsi se qualcuno comincerà a cucinare con l’olio di cocco le costolette d’agnello, prima marinate e poi subito passate in padella, o ancora, primi — curiosa la rivisitazione del risotto al cocco e champignon o della carbonara —, filetti di manzo e pollo arrosto, resi unici grazie a quel filo d’olio aggiunto in cottura per preservarne la qualità. Ed è proprio quel retrogusto esotico e dolce a sparigliare le carte di un classico filetto di salmone. L’olio di cocco si può usare anche come ingrediente perfetto per una merenda veloce. Dalle chips di barbabietola tostate in forno al cavolfiore arrosto, passando per preparazioni apparentemente più tradizionali. Come i dolcetti al limone, ricordo dei tipici cannelés francesi, o il pain perdù, ottima idea di riutilizzo del pane avanzato, addolcito leggermente dal cocco e dai mirtilli.
Un ingrediente versatile, insomma, da utilizzare, in ogni caso, con moderazione. Perché, anche se esistono recentissimi studi scientifici che promuovono il suo uso in cucina — come «The Coconut Oil Miracle», condotto dal nutrizionista americano Bruce Fife che consiglia, addirittura, un consumo quotidiano di olio di cocco per aumentare le difese del sistema immunitario e favorire la digestione — l’extravergine d’oliva rimarrebbe, sotto un profilo nutrizionale, il più equilibrato. Si tratta, allora, come sempre, di variare molto la propria alimentazione e bilanciare le dosi. Anche perché, per insaporire soffritti o per dare una consistenza diversa alla granola da preparare in casa, di olio di cocco basta davvero un solo cucchiaio. Con un’unica accortezza, consiglia anche Jessica Oldfield: scegliete un prodotto poco raffinato e dall’origine controllata. Perché è nell’olio non sottoposto a processi di sbiancamento o deodorazione che si nasconde quel sapore inconfondibile che lo sta rendendo oggi così famoso. Poi, spazio alla creatività. La stessa che permette a molti food writer di reinventare nuovi piatti. Influenzando, ormai, anche il nostro gusto.
Ha un alto punto di fumo, intorno ai 196 gradi: permette così di rosolare gli alimenti senza surriscaldare il grasso