La vicenda
● Viviana Malafarina, di origine ligure, è la donna che gestisce la cantina Basilisco, nel cuore dell’Aglianico del Vulture, sotto la guida esperta di Pierpaolo Sirch
● Viviana Malafarina ha ideato tre nuovi Aglianico, lo Storico 2012, il Fontanelle 2013 e il Cruà 2013, invecchiati nelle grotte lucane di Barile (Potenza) La forza della cooperazione, per riscattare i terreni più remoti. E un occhio di riguardo verso il sapere dei contadini. Ecco la storia, per una volta vincente, di un’azienda del Centro-Sud Italia in un settore, quello del vino, dominato dalle cantine nate nel Centro-Nord. Farnese Vini, guidata da Valentino Sciotti, è nata a Ortona (Chieti) e negli ultimi anni ha ottenuto parecchi riconoscimenti, tra cui il titolo di Cantina dell’Anno dell’Annuario 2017 dei migliori vini d’Italia, oltre al successo riscosso all’estero, come quello di Mundus Vini, forse la più importante competizione mondiale del settore enologico. Tutto è cominciato in delle piccole realtà abruzzesi fra la fine degli anni 90 e l’inizio del 2000, quando Farnese Vini ha sfidato le logiche imperative della produzione, dove ancora oggi domina il modello della grande tenuta — così bella allo sguardo — a discapito dei territori più limitati. Grazie al supporto dei soci Filippo Baccalaro e Jean Marc Sauboua e alla loro conoscenza — quella trasmessa dalla famiglia e da una lunga esperienza nei campi — è stato reso possibile lo sviluppo di un modello alternativo. «Abbiamo pensato che la migliore agricoltura non fosse quella industriale», ha spiegato il direttore Valentino Sciotti, «bensì quella riconducibile al lavoro quotidiano di tantissimi piccoli contadini, tutti impegnati a gestire i propri appezzamenti in zone vocate, realtà minuscole se prese singolarmente, che diventano una grandezza se “federate”». La filosofia dell’azienda si basa anche sull’inestimabilità del know how di famiglie che lavorano i terreni da generazioni, e sull’ambizione di preservare i loro patrimoni, che sarebbero altrimenti perduti. Il produttivismo non è importante, la modalità di retribuzione degli agricoltori lo dimostra: gli addetti ai lavori sono pagati con una quota fissa, basata sull’estensione dei loro vigneti e non sulla quantità fornita. «All’inizio tutti mi davano del pazzo, non mi consideravano neppure un produttore», aggiunge Sciotti, ma i risultati parlano chiaro: l’azienda ha consentito il riscatto di molti terreni del Sud, oltre ad affermarsi a livello internazionale, realizzando il 96% del fatturato all’estero, in tutti i continenti, e perfino ad essere quotata in Borsa con le sue 80 etichette. Insomma, emergere anche di fronte allo scetticismo del proprio settore, talvolta è possibile.