Corriere della Sera

Le canzoni di Sanremo

Molto amore, poco impegno. Ron emoziona con l’inedito di Dalla Ruggeri fa parlare Bowie dall’aldilà, leggenda popolare di Gazzé

- Andrea Laffranchi

Il tecnico in camice bianco, in Rai le tradizioni sono una cosa seria, schiaccia il tasto play. «Ottanta minuti di musica», annuncia Claudio Baglioni e uno inizia a fare i conti con l’orario in cui ogni sera si chiuderà il suo Sanremo. Con tutti i limiti di un giudizio al primo ascolto, si poteva limitare il cast senza perdere nulla.

Consiglio anche agli allergici al Festival: non perdete Ron. Porta un inedito firmato da Lucio Dalla. Il rischio era altissimo. Il business del caro estinto ci ha abituati a operazioni imbarazzan­ti. «Almeno pensami» è un gioiello, un testo poetico sulle distanze dell’amore che commuove come quella «goccia che mi è caduta sulla mano». Sulla strofa «fossi morto tornerei» vengono i brividi.

In categoria «promossi» c’è Annalisa: «Il mondo prima di te» è avvolgente, ritmica rallentata, elettronic­a e piano, lei ha aggiunto controllo alla sua voce cristallin­a. Ornella Vanoni si presenta con Bungaro e Pacifico: vince in eleganza e si racconta come donna che sa conservare l’infanzia senza dimenticar­e la seduzione. Non convince allo stesso modo il pop di «Non smettere mai di cercarmi» della terza rossa in gara: Noemi regala però uno dei pochi momenti sexy con quella «schiena nuda contro una chiesa a profanare una lunga attesa». Dimenticat­e le origini soul e il mondo urban/tropicale dell’ultimo album, Nina Zilli sceglie un vestito classico. Quel «donna siamo tutti» del testo è l’unico modo per riequilibr­are la scarsa rappresent­anza femminile in gara: 4 su 20.

Scarseggia­no le donne e anche l’impegno, ma chi ci ha provato ci ha preso. Ermal Meta e Fabrizio Moro ci metsulla tono davanti agli orrori e al sangue degli attacchi terroristi­ci ma ci garantisco­no che «la vita va avanti» e si fa festa con una cassa folk tutta da ballare e l’allegria del banjo. Lo Stato Sociale fa satira sul tema lavoro: lo spirito è quello di Rino Gaetano, cassa dritta dance e archi alla Abba: candidato ideale all’Eurovision.

Giovanni Caccamo ha nella penna e nella faccia un lato contempora­neo che andrebbe esplorato di più: «Eterno» si affida alla tradizione di piano e orchestra, ma il brano è solido e nella serata dei duetti con Arisa la standing ovation è garantita. Max Gazzè si affida a synth e orchestra per raccontare con un testo magistrale la leggenda di un pescatore pietrifica­to per amore spiaggia di Vieste. Il cerino del rock resta nelle mani delle Vibrazioni, fra U2 e Coldplay nel tentativo di conciliare famiglia e notti folli che arrivano all’alba, e di Red Canzian, energia alla Bon Jovi e Bryan Adams. I suoi ex compagni Pooh, Facchinett­i e Fogli fanno rifugiare la storia di un’amicizia nelle sicure atmosfere sonore della casa madre.

Mario Biondi e The Kolors hanno cambiato lingua. Il primo guarda alla classe senza tempo dei crooner ma «Rivederti» evapora rapidament­e. Con «Frida» Stash e soci puntano sull’elettropop: quel «mai mai mai mai» si piazza

Amicizia Facchinett­i e Fogli raccontano l’amicizia, Barbarossa sceglie il romanesco

in testa e il ritmo non ti molla. L’inglese lo recuperano i Decibel di Ruggeri con «Lettera dal Duca»: David Bowie parla dall’aldilà su atmosfere anni 80. Luca Barbarossa sceglie il romanesco per illustrare le fasi alterne della vita di coppia. Enzo Avitabile ha un passaggio in napoletano: «Il coraggio di ogni giorno» fatica a trovare una strada, ma sul palco peserà il valore aggiunto della teatralità di Peppe Servillo. La stessa su cui deve puntare Renzo Rubino. A Diodato e Roy Paci manca freschezza. L’addio, anzi «Arrivedorc­i», di Elio e le Storie Tese, autobiogra­fia e follia con cambiament­o di sesso provocato dagli alieni, non è all’altezza della loro carriera: grande tecnica, poca anima, si salva il finale fra psichedeli­a e Sgt Pepper.

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