Un governo di programma e la strategia dei 5 Stelle
Di Battista: con il 38% incarico a noi
Beppe Grillo e Luigi PESCARA Di Maio negano la spaccatura, la attribuiscono a invenzione mediatica, ma poi finiscono, in una nota congiunta, per cristallizzare la linea pragmatica del leader, decisamente lontana dalle parole del fondatore. Grillo, del resto, è sempre più lontano dal centro di gravità del Movimento. A ore, probabilmente domani, partirà la nuova versione del suo blog, sganciato dalla Casaleggio associati e non più voce ufficiale dei 5 Stelle. Un blog (curato da una grande agenzia e da Tiziano Pincelli) che ridarà vigore e autonomia alla forza visionaria di Grillo, alla sua vena istrionica e artistica, non più imbrigliata dalla necessità di pesare le parole e non più legata all’occhiuto controllo di Casaleggio, Pietro Dettori e dello «staff».
Di Maio va già per la sua strada e prepara la strategia. Il no alle alleanze è vero, ma solo a quelle preelettorali. La sera delle elezioni, se avrà abbastanza voti per ottenere l’incarico, Di Maio valuterà la consistenza dei gruppi parlamentari. E consulterà chi potrebbe sostenere un governo di scopo: un esecutivo con pochi obiettivi tematici e un arco limitato nel tempo. Senza concedere poltrone ministeriali. Giulia Grillo scherza ma non troppo: «Se proprio insistono, qualche sottosegretario si può pure dare, anche perché non è che potremo fare tutto da soli». Danilo Toninelli ha già il primo punto del programma: «Il reddito di cittadinanza». Convergenza con Leu? «Non respingeremmo neanche il sostegno di Berlusconi — dice Toninelli —. Siamo l’ago della bilancia». Possibile che destra e sinistra siano uguali? Possibile, ammette candidamente Alessandro Di Battista: «Con il 38 per cento avremo l’incarico. A quali gruppi chiederemo l’appoggio? Non lo so, valuteremo la sera delle elezioni in base ai voti presi da ciascun gruppo». Può stare in piedi un progetto simile, senza la contropartita di poltrone? Lo spiega a parole sue Alberto Airola: «Li prenderemo a calci in culo per ottenere i voti. I leghisti e gli altri, poi, pensate che vogliano tornare a casa?». Il rischio, spiega Di Battista, è «un grandissimo inciucio» in un «Paese orrendamente democristiano». Per combatterlo, Dibba, prima di tornare a fare il reporter, è pronto a comizi «ovunque: ad Arcore, Rignano e Laterina» (ovvero a casa di Berlusconi, Renzi e Boschi).
E Davide Casaleggio? In mattinata si presenta per un «punto stampa». Poche parole formali davanti alle telecamere e via di corsa. Domande? Non se ne parla. In serata partecipa a un incontro con il sociologo Derrick de Kerckhove. Che prima smonta la democrazia diretta, «è pericolosa», poi è costretto a correggersi: «La democrazia partecipata M5S è un antidoto alla datacrazia».
Oggi Di Maio presenterà i vincenti delle parlamentarie per i plurinominali. Tra gli esclusi, Roberto Cotti, venuto a Pescara per provare un ripescaggio ma rispedito a casa (fuori linea alcune sue vecchie dichiarazioni). In Parlamento non ci sarà neanche Salvatore Romeo, che mise nei guai Virginia Raggi, e che ieri si aggirava per il villaggio Rousseau: «Continuo a lavorare per Roma e per M5S. Certo, qualcuno mi guarda male. Ma è normale, aspettiamo l’assoluzione».