«Il Museo del design a Milano? È alla Triennale e può crescere»
C i risiamo. Come da tradizione, a ogni rinnovo del mandato del Consiglio d’amministrazione della Triennale di Milano, si riapre la discussione sull’opportunità di istituire in città un Museo del design. Come se questo non esistesse già. Credo sia doveroso ricordare a tutti che Triennale Design Museum, il primo Museo del design italiano, è stato inaugurato in Triennale il 7 dicembre 2007, alla presenza del presidente della Repubblica, a seguito di un accordo di programma stipulato tra Mibac(t), Regione Lombardia, Comune di Milano, Provincia di Milano, Camera di Commercio di Milano, Adi, Assolombarda, Cosmit e altri soggetti privati.
Forse non era un Museo canonico. Certo era un Museo che sperimentava strade nuove, che si interrogava sulla sua funzione. Un museo «mutante», come lo definimmo allora, che ogni anno ha cambiato ordinamento e allestimento per offrire di volta in volta risposte diverse alla medesima domanda di fondo: che cos’è il design italiano? Si può non essere d’accordo con questa idea di Museo. Si può non ritenerla adeguata. Si può avere nostalgia di un bel museo tradizionale, perennemente identico a se stesso, ma non si può dire che il Museo non esiste.
Per dieci anni Triennale Design Museum ha attratto ogni anno nuovo pubblico (dalla sua apertura a oggi si conta oltre 1 milione e mezzo di visitatori), offrendo non l’ennesimo défilé di oggetti presenti più o meno in tutti i musei del mondo, ma indagando l’identità del design e allargandone criticamente i confini.
Dopo la decima edizione, un convegno e un’ampia consultazione, che hanno coinvolto tutti i curatori e i progettisti delle precedenti edizioni, ma anche critici, docenti, giornalisti, storici, imprenditori, hanno convenuto sull’opportunità di proseguire sulla strada del museo mutante con l’indicazione, però, di dare più spazio anche alle icone più significative del nostro design.
Va ricordato per altro che un luogo dove le icone del design italiano sono esposte in modo permanente c’è già: si tratta della Villa Reale di Monza dove — dal dicembre 2014 — un intero piano di circa millecinquecento metri quadrati è occupato dalla Collezione permanente del Triennale Design Museum.
Nel Palazzo di viale Alemagna ci sono anche altre risorse connesse al Museo, come gli Archivi, la Biblioteca del progetto e il Laboratorio di restauro, specializzato nel contemporaneo. Certo, in Triennale non c’è un accesso pubblico alla Collezione permanente. Ma proprio per valorizzare, accrescere e rendere sempre più accessibile questo patrimonio da tempo si sta lavorando allo studio di un ampliamento del Museo ipotizzando la creazione di un nuovo spazio ipogeo proprio nel giardino della Triennale. Questo studio preliminare è stato illustrato a tutti i soci della Triennale che hanno espresso interesse e valutazioni positive. Purtroppo, la scomparsa del presidente De Albertis e la fine delle legislature del Parlamento e della Regione non hanno permesso, finora, di passare alla fase attuativa.
Sono certa che la nuova attenzione che il tema del Museo del design sta sollevando e l’avvio di un nuovo mandato per il Consiglio di amministrazione della Triennale daranno un forte impulso perché questo progetto possa concretizzarsi. È un progetto ambizioso, non c’è dubbio. Ma confermerebbe a Triennale — anche sul piano simbolico — quel primato indiscusso che le spetta sia per la sua storia che per la sua natura. A condizione che Triennale Design Museum continui a sperimentare e a essere il luogo in cui il design rimane design, e non rinuncia a quella multiforme vitalità funzionale e progettuale su cui ha fondato la sua stessa esistenza.