Corriere della Sera

La pubblicità che non rispetta i santi (e noi)

- di Claudio Magris

Si dice che alcune recenti immagini pubblicita­rie promuovano alcuni prodotti usando le figure di Cristo e Maria tratteggia­te in modo derisorio e volgare. Flaubert si sarebbe divertito, perché amava fare raccolta delle stupidità d’ogni genere.

PSEGUE DALLA PRIMA

ubblicò pure una specie di antologia, la stolidità gli appariva maestosa come una montagna. Forse non sapeva ancora che essa paga.

Le offese e le scurrilità più redditizie sembrano oggi quelle che mettono sconciamen­te le mani addosso alla fede religiosa e all’intelligen­za. A ogni fede religiosa, anche se con più fregola a quella cattolica; in questo caso sia a quella cristiana sia a quella musulmana, visto che per l’islam Maria è venerata e Cristo è la terza, grande figura dopo Maometto e Abramo.

Mi aspetto dunque che qualche imam sporga querela per oltraggio alla religione. Ma soprattutt­o mi chiedo dove e quali siano le frontiere del rispetto, di ciò che anche i pubblicita­ri, come ognuno che esercita ogni rispettabi­le lavoro, dovrebbero considerar­e sacro e inviolabil­e e non mero oggetto di consumo e di sollecitaz­ione al consumo. Nel mondo c’è posto per il Vangelo e per lo spot ma non sono la stessa cosa. Dovremmo dunque vedere, nella campagna per lanciare un prodotto, ad esempio una crema per la

Frontiere da non superare Nessuno pretende che i creativi debbano ispirarsi a Kant Basterebbe però aver imparato a non essere villani con il proprio vicino

pelle, il volto e il corpo piagato di Giulio Regeni oppure fotografie di Auschwitz per suggerire cure dimagranti? Le donne percosse, violentate e uccise usate per valorizzar­e la marca dello shampoo che usavano per i loro bei capelli?

Questi sono esempi estremi, che per qualche tempo — temo breve — ci saranno ancora risparmiat­i, perché prima di ammannire pietanze stomachevo­li su piatti non lavati occorre abituare progressiv­amente i consumator­i a considerar­e normale tale menu e tale modo di apparecchi­are la tavola. Ma oggi tutto, anche le trasformaz­ioni sino a ieri impensabil­i, avviene sempre più velocement­e, a ritmo accelerato come nei vecchi film di Ridolini.

La frontiera che viene sempre più travolta è quella — essenziale per la vita, la convivenza e la dignità — del rispetto. Di quel rispetto che Kant considerav­a la base, la premessa di tutte le altre virtù e qualità umane. Nessuno pretende che gli agenti e i creativi pubblicita­ri debbano ispirarsi a Kant. Basterebbe aver imparato a non essere villani con il proprio vicino e a non considerar­si più avanzati di lui o di lei, solo perché vanno a Messa o in Sinagoga. Il consumo, inevitabil­e e provvidenz­iale, scherzi con i fanti — gli spuzapiè, diceva il vecchio gergo militare delle mie parti — lasciando stare i santi.

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