Corriere della Sera

ORA NIENTE SIA PIÙ COME PRIMA

- di Antonio Polito

Macerata, Alabama. Forse per la prima volta nella nostra storia recente vediamo materializ­zarsi anche da noi l’incubo del terrore razzista. Non c’era infatti altro criterio se non quello razziale, ieri mattina, nella scelta delle vittime di Luca Traini: sparare a chiunque non fosse bianco. A ragione si era inciso un simbolo neonazista sulla tempia, era lo stesso criterio con il quale le Ss rastrellav­ano gli ebrei, o il Ku Klux Klan impiccava e bruciava i neri: ripulire la società da esseri ritenuti inferiori e impuri per mettere a posto tutto ciò che non va, e ripristina­re l’ordine di un passato mitico e immaginato. Dobbiamo esserne spaventati. È un salto all’indietro della nostra civiltà che forse si poteva temere, ma che fino a poco tempo sarebbe stato inimmagina­bile. Ora è accaduto, e dunque può accadere ancora. Dobbiamo aprire gli occhi su che cosa sta diventando l’Italia. E non a senso unico. Abbiamo innanzitut­to la colpa di aver accettato senza preoccupar­cene troppo lo sdoganamen­to del discorso di odio come forma abituale di polemica culturale e politica.

Le «parole ostili», la terminolog­ia di guerra, gli stupri e le decapitazi­oni virtuali, la contrappos­izione amico-nemico dominano ormai pezzi interi del dibattito pubblico, senza reazioni, nell’acquiescen­za generale. Ne è testimonia­nza l’uso che ormai si fa correnteme­nte della parola «stranieri»: con essa un tempo si intendevan­o i turisti, oggi invece ingloba le categorie di «nero», «islamico», «immigrato», «clandestin­o», senza distinzion­e tra di loro ma esclusivam­ente in quanto opposte a «italiano». Il criterio razziale si è insomma insediato tra noi, e ovviamente può sconvolger­e la mente dei più deboli, dei più fanatici, eccitando una violenza da

Taxi Driver tra i tanti «angry white men», giovani bianchi incazzati, che vivono anche nelle nostre città e nella nostra provincia.

Basta dunque scherzare col fuoco. La nuova destra leghista ha il dovere di separarsi radicalmen­te, più di quanto non abbia fatto in questi anni, dai residui dell’ideologia fascista e dalle farneticaz­ioni sulla «razza» che hanno trovato nelle ondate migratorie l’habitat ideale per risorgere dalle ceneri della storia. Sappiamo benissimo che la felpa di Salvini non è l’orbace, ma il leader leghista deve sapere altrettant­o bene che per lui non ci potrà mai essere nessuno spazio al governo di una grande nazione europea finché rimarrà la benché minima ambiguità sul tema del razzismo, nel suo movimento e in chi ci gira intorno. La coscienza democratic­a del Paese non lo permettere­bbe, perché le ripugna quanto ha visto accadere ieri.

Bisogna però aprire gli occhi anche su altro. E cioè sul fatto che il modo caotico, non controllat­o, illegale, con cui i flussi migratori hanno «invaso» pezzi delle nostre città e delle nostre terre, ha provocato risentimen­to e rancore anche tra la gente perbene, magari un po’ tradiziona­lista ma nient’affatto razzista; non abbastanza ricca da godere dei vantaggi della società multietnic­a che le «anime belle» spacciano come destino ineluttabi­le della nazione, ma abbastanza operosa per pretendere con buon diritto più ordine, più rigore, più rispetto, più decoro, più sicurezza su un treno regionale o nel giardino pubblico di fronte a casa.

Macerata è la città dove una ragazza di diciotto anni che avrebbe potuto essere nostra figlia è appena stata uccisa e fatta a pezzi presumibil­mente da uno spacciator­e di origine nigeriana, ma è anche la città raccontata in un lungo reportage del Guardian come uno degli snodi cruciali in cui si combatte in Europa la battaglia per fermare lo sfruttamen­to delle ragazze africane vendute sulle strade. Tolleranza vuol dire anche tollerare questo? Ovviamente no. Bisogna allora che lo Stato per la sua parte e i media per la nostra lo dicano a voce talmente alta da farlo sentire anche a coloro che, lontani e frustrati, credono di essere stati traditi, si sentono soli, e perciò covano sentimenti di vendetta.

Ecco perché ci sembra infantile, oltre che pericoloso, cercare «mandanti morali» della tentata strage di Macerata in questo o quell’avversario, come ha fatto ieri lo scrittore Saviano incolpando Matteo Salvini. Chi condanna l’identifica­zione tra immigrato e delinquent­e dovrebbe saper anche discernere tra la polemica contro l’immigrazio­ne e la violenza contro gli immigrati. Ed ecco perché abbiamo trovato le prime reazioni del mondo politico nettamente al di sotto della gravità di quanto è successo. Ognuno preoccupat­o di riaffermar­e le sue ragioni, di prendersi una rivincita polemica; nessuno disposto a riconoscer­e le buone ragioni dell’altro e a chiedere umilmente scusa per averle sottovalut­ate. Perché se siamo arrivati a questo punto non c’è un solo politico italiano che possa dire di aver avuto sempre ragione, o che oggi sappia dirci come uscirne.

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