Corriere della Sera

La promessa al bar «Faccio una strage»

In lista per la Lega (zero voti), marce con CasaPound Odio e simboli nazisti: espulso anche dalla palestra

- di Fabrizio Caccia

«Vuoi sapere come mi chiamo? — diceva a chi incontrava sulla sua strada — Ce l’ho scritto addosso, guarda qua…». Alla testa rasata Luca Traini è sempre piaciuto farsi chiamare «Lupo» e la scritta, in gotico nero, se l’era infatti tatuata sul collo, insieme a una croce celtica su un braccio e a un dente di lupo, il simbolo nazista, vicino alla tempia destra.

Con questi segni di guerra, raccontano in paese, era partito giusto un mese fa dalla sua casa, a Tolentino, dove viveva con nonna Ada e mamma Luisa, per prendere parte a Roma alla marcia di CasaPound, in occasione del quarantenn­ale della strage di Acca Larentia. Braccia tese e saluti romani.

Luca, però, ieri aveva un altro obiettivo: sparare addosso, con la sua Glock regolarmen­te detenuta, a tutti i neri di Macerata, neri come Innocent Oseghale, il nigeriano accusato dello scempio sul corpo della povera Pamela Mastropiet­ro. «Stavo andando in palestra in macchina, quando alla radio ho risentito la storia della 18enne — ha detto ai carabinier­i —. D’istinto ho fatto dietrofron­t, sono tornato a casa, ho aperto la cassaforte e ho preso la pistola. Ho deciso di ucciderli tutti». Vendicare Pamela, questo era il suo scopo: lui che aveva avuto in passato una storia d’amore con un’altra ragazza tossicodip­endente e che già da prima del massacro di Pamela, però, ce l’aveva a morte con gli immigrati, che riteneva i veri responsabi­li della crisi in Italia. Crisi che un anno fa gli aveva fatto perdere il lavoro di buttafuori dell’agenzia «Shark», a cui teneva moltissimo, consegnand­olo a una realtà tutta diversa, lontana dai locali alla moda e i discobar di lusso — come «L’Arena delle Luci» di Cingoli dove aveva prestato servizio a lungo — e fatta invece solo di impieghi saltuari e malpagati: la security in un supermerca­to, la mansione di autista di un trasporto carni.

Così, a giugno scorso, s’era candidato con la Lega alle elezioni comunali di Corridonia: foto ricordo con Matteo Salvini e tra i punti salienti proprio «il controllo degli immigrati».

Non andò benissimo, non prese neanche un voto e questo aveva contribuit­o a incupirlo ulteriorme­nte. Tanto che a ottobre, tre mesi dopo, era stato buttato fuori anche dalla palestra «Robbys» di Macerata, troppo fanatismo in lui, troppi saluti romani, soprattutt­o troppa rabbia ormai pronta ad esplodere: «Stava così male che era andato da uno psichiatra, il medico lo aveva giudicato un soggetto borderline», racconta l’amico Francesco Clerico, titolare della palestra.

Finché il suo delirio, diventato irrefrenab­ile, ha incontrato la storia della ragazzina di Roma scappata lunedì scorso dalla comunità terapeutic­a «Pars» di Corridonia e ritrovata morta, fatta a pezzi e chiusa in due valigie, mercoledì mattina, sulla strada di Pollenza. Appena cinque chilometri da casa sua. «Luca e Pamela non si conoscevan­o», hanno assicurato i parenti della diciottenn­e; «Non mi risulta che si conoscesse­ro», ha detto anche l’ultima sua ex, studentess­a universita­ria a Macerata, con cui la storia è finita due mesi fa.

Ma è così che dev’essere nato il cortocircu­ito: una giovane tossicodip­endente, come il suo vecchio amore dell’anno scorso, vittima di un pusher nigeriano richiedent­e asilo e con il permesso di soggiorno scaduto. E Luca Traini ha deciso di diventare un giustizier­e.

Quelli della rosticceri­a Vitali sotto casa, ieri mattina, l’hanno visto dirigersi di fretta verso il garage. In macchina, una 147 nera, ha sistemato la bandiera tricolore sul vetro posteriore, poi è salito a bordo con la Glock, una tuta mimetica, due caricatori, il porto d’armi nello zainetto, due bottigliet­te d’acqua e una di tè. Quindi è partito a razzo sulla superstrad­a numero 77 diretto in città.

Ha fatto solo una sosta all’autogrill, pochi chilometri dopo, nella zona industrial­e di Tolentino. È entrato, ha ordinato un caffè, l’ha bevuto e poi uscendo alla barista ha detto: «Ciao, vado a Macerata a fare una strage».

Stamattina stavo andando in palestra con la mia macchina; stavo ascoltando la radio, quando ho risentito la storia della 18enne uccisa

D’istinto ho fatto dietrofron­t, sono tornato a casa, ho aperto la cassaforte e ho preso la pistola, la Glock: ho deciso di ucciderli tutti

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 ?? (foto Falcioni / LaPresse) ?? Il volto Luca Traini subito dopo essere stato fermato in una foto scattata dai Carabinier­i. A sinistra i due fori alla vetrina di un bar di Macerata causati dai proiettili sparati da Traini
(foto Falcioni / LaPresse) Il volto Luca Traini subito dopo essere stato fermato in una foto scattata dai Carabinier­i. A sinistra i due fori alla vetrina di un bar di Macerata causati dai proiettili sparati da Traini

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