Corriere della Sera

«Ostaggio di una setta: la musica mi ha salvato»

Il pianista Rio-Py: mia madre manipolata da fanatici Con lei rinchiuso per anni in un castello della Francia

- Giuseppina Manin © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Passione? «Molto di più, necessità. La musica mi ha salvato la vita». Senza retorica, con la voce ferma, Jean-Philippe Rio-Py racconta per la prima volta la sua storia, un passato di dolore e paura, un presente da compositor­e e pianista di talento, decorato come Young Steinway Artist, e che ora esordisce da Warner Classics con un album che si chiama come lui,

Riopy. «Non è cominciata bene. La mia infanzia e adolescenz­a sono state segnate da una sofferenza difficile da confidare. Sono stato ostaggio di una setta di fanatici religiosi, guidata da una donna che manipolava chiunque. Mia madre per prima. Che decise di andare a vivere in quella comunità con i suoi cinque bambini, tutti rinchiusi dentro le mura di un castello nel sud ovest della Francia».

Una prigione per nulla dorata. «Non potevo uscire da solo, dovevo seguire dei rituali deliranti, al minimo cenno di ribellione mi picchiavan­o. Ma la pena più atroce era la solitudine. In paese tutti sapevano, ma nessuno interveniv­a. Neanche la polizia».

A venirgli in soccorso un pianoforte. «Un giorno, avrò avuto 10 anni, vagando per le stanze di quel maniero mi imbattei in un piano abbandonat­o. Ne sfiorai i tasti, affascinat­o dai suoni che ne uscivano. La meraviglia fu tale da convincerm­i a provare e riprovare. A modo mio, senza conoscere una nota, seguendo la musica che era nella mia testa. Quel piano divenne il mio amico, il solo che non mi giudicava, a cui potevo confidare le mie pene. Ogni volta che lo suonavo trovavo pace».

Quando la santona deciderà di venderlo, Rio-Py ne è straziato. «Non avevo più nessuno che mi consolasse. Mia madre non era più mia madre, era dalla parte degli aguzzini. Non mangiavo quasi più, volevo morire. Ci ho anche provato... A sostenermi il ricordo della musica, lo stupore della libertà che provavo suonando. A 18 anni sono fuggito». Via dalla setta, via dalla Francia. A Londra fa il commesso in un negozio di pianoforti. «Poi l’incontro con un uomo generoso, Michael Freeman, che ha creduto nel mio talento, mi ha offerto un corso di composizio­ne a Oxford».

Rio-Py studia e compone. Ma la sua musica, che non è classica e non è pop, ma coniuga suoni eterei, ossessioni e pulsazioni meditative, sfugge alle classifica­zioni. Nel 2011 l’invito a suonare a un prestigios­o club di Myfair per una serata in onore di Gwyneth Paltrow. «Sono andato con il batticuore ma poi è stato anche peggio: al fianco di Gwyneth c’era suo marito, Chris Martin, il cantante dei Coldplay. La mia band preferita. Appena uscito dalla setta, mi ero fatto il regalo di un loro album. Che ho ascoltato mille volte, piangendo per l’emozione. E ora toccava a me suonare davanti a uno di loro. Alla fine del pezzo, un gran silenzio. Ho fatto flop ho pensato e mi sono alzato per andarmene. Ma ecco un boato di applausi».

Qualche giorno dopo Martin si fa vivo. «Mi regala un pianoforte. Peccato che non avevo dove metterlo. L’ho ritirato due anni dopo». Nel frattempo la sua musica conquista il cinema, usata nei trailer di film come The Danish Girl, e anche la moda e il design, per spot di Armani e Ikea. I concerti fioccano. «Comporre non mi basta, voglio condivider­e la mia musica con gli altri. Spero tocchi le loro anime come tocca la mia».

Dovevo seguire dei rituali deliranti e al minimo cenno di ribellione venivo picchiato Decorato come Young Steinway Artist, il talento esordisce con un album di inediti

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Compositor­e Il pianista francese Jean-Philippe Rio-Py, 35 anni

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