Al lavoro per scrivere l’atlante dei «difetti» genetici dei tumori
D a oltre un decennio quasi ogni giorno vengono pubblicate ricerche che individuano uno o più «geni difettosi» che possono scatenare un determinato tipo di cancro, ma non solo, lo stesso sta avvenendo per molte altre malattie diverse di cui ancora si cercano le cause, dalla psoriasi alla fibrosi cistica, dalla distrofia muscolare all’anemia, soltanto per fare alcuni esempi.
Nel 2017, poi, un articolo sulla rivista scientifica Science ha indicato che quasi due terzi dei tumori sono imputabili a mutazioni genetiche. «Il che non significa che è tutta questione di sfortuna — sottolinea Carmine Pinto, direttore dell’Oncologia all’Irccs Arcispedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia —. Tutto dipende da quel delicato equilibrio tra genoma e “ambiente circostante” sempre più alterato. Ovvero, in pratica: se non possiamo intervenire sul nostro genoma, possiamo modificare gli stili di vita che (dati alla mano) sono responsabili del 40 per cento dei casi di cancro. Ognuno può fare la sua parte per se stesso: non fumare, seguire una dieta equilibrata, non essere in sovrappeso, fare attività fisica, sottoporsi a controlli regolari e prestare attenzione alle sostanze cancerogene note».
Certo è che, da quando nel 2000 è stato mappato l’intero genoma umano, gli occhi dei ricercatori sono puntati sui difetti genetici che causano i tumori. Nel 2006 è stato lanciato il progetto Cancer Genome Atlas con l’ambizioso proposito di catalogare tutte le mutazioni responsabili di tutte le forme di cancro e dei cir-
Il Cancer Genome Atlas intende censire tutte le mutazioni alla base di tutti i tipi di cancro
ca 23mila geni che compongono il genoma umano si iniziano a conoscere quali sono coinvolti nelle diverse neoplasie (fra gli altri, i “famosi” Brca per i tumori di seno e ovaio, Ras per pancreas e colon,
Bcr-abl per la leucemia mieloide cronica o Alk e Egfr per il polmone). Un lavoro immenso, che richiederà molti anni: «Abbiamo scoperto che il cancro si sviluppa da un danno al Dna in una cellula che, di conseguenza, inizia a comportarsi in modo anomalo, riproducendosi senza controllo e creando uno squilibrio nell’armonia dell’organismo — precisa Pinto, che è anche past president dell’Aiom, l’Associazione italiana oncologia medica —. Gli scienziati stanno cercando d’individuare i geni-chiave responsabili dell’oncogenesi (cioè i processi che portano alla formazione di un tumore,
ndr) attraverso lo studio sistematico delle alterazioni che riguardano ampie porzioni del Dna, ma si tratta di milioni di basi del codice genetico».
È in questo contesto che s’inseriscono le ricerche sulla biopsia liquida: un prelievo di sangue (oppure di urine o saliva), che poi viene analizzato in laboratorio con l’obiettivo di identificare frammenti anomali di Dna, spia della presenza di un tumore.
«Durante l’ultimo congresso dell’American Society of Hematology, tenutosi ad Atlanta lo scorso dicembre 2017, sono stati presentati moltissimi studi su questo argomento per diverse forme di tumori del sangue — dice Paolo Corradini, direttore del Dipartimento di Oncologia ed Oncoematologia dell’Università degli Studi di Milano e presidente della Società Italiana di Ematologia —. L’obiettivo finale è quello di riuscire a individuare in ogni paziente le alterazioni genetiche che hanno portato alla patologia, in modo da dargli cure su misura: già disponiamo, infatti, di alcuni farmaci anticancro che sono molto efficaci in pazienti che hanno o non hanno una determinata mutazione. Inoltre, la biopsia liquida può essere ripetuta più volte per fare monitorare la risposta al trattamento: una sorta di studio della malattia minima residua per stabilire come procedere o se cambiare terapia».
Due terzi dei tumori sarebbero imputabili a mutazioni genetiche ma il 40% a stili di vita