«Via il nome di Vassallo dai circoli» Il figlio del sindaco ucciso attacca i dem
«Con questo post chiedo, a nome della mia famiglia, di non associare più il nome di mio padre al partito... ». Firmato Antonio Vassallo. È l’ultimo atto di una polemica destinata a gonfiarsi e a fare molto male al Pd. Tiene insieme, infatti, due storie campane, entrambe ambientate sulla costa cilentana ed entrambe altamente simboliche. Ma di valore nazionale diametralmente opposto: quella di Franco Alfieri, il sindaco di Agropoli e delle fritture di pesce, il campione, secondo Vincenzo De Luca, di clientelismo elettorale, ora candidato in un collegio uninominale; e quella del padre di Antonio, Angelo Vassallo, il sindaco pescatore della vicina Pollica, comune bandiera di un ambientalismo non negoziabile e di una politica trasparente almeno quanto il suo mare superpremiato.
Angelo fu ucciso nel settembre del 2010 in un agguato di stampo mafioso rivelatosi un caso irrisolvibile: nessun mandante individuato, nessun esecutore sotto processo. E ieri il figlio Antonio, mai rassegnato all’idea di una archiviazione politica oltre che giuperché ha pubblicato un post su Facebook. È così che una polemica aperta da tempo; che aveva avuto un picco alla vigilia della presentazione delle liste; che nel Pd, nonostante tutto, si riteneva ancora di poter tenere sotto controllo, è alla fine arrivata a un clamoroso punto di non ritorno.
Il giovane Vassallo ricostruisce fatti e riporta cifre e date; ricorda che il padre, poco prima di morire, aveva denunciadiziaria, to proprio ad Alfieri, al tempo assessore provinciale, il caso di un appalto sospetto di 615 mila euro per una strada finanziata e mai realizzata; e che nulla era stato fatto per chiarire la vicenda. Fino al 16 luglio del 2010, quando un nuovo assessore inviò tutte le carte in Procura, e Angelo Vassallo fece in tempo ad essere ascoltato dal pm. Ma quello — scrive Antonio — fu il suo ultimo contributo all’inchiesta, due mesi dopo fu ucciso. Inquisito per l’appalto — continua Antonio — Alfieri non potè candidarsi alle ultime regionali, ma poi sopraggiunse la prescrizione e fu nominato «assessore alla pesca», in realtà consulente, da De Luca. Da qui la richiesta che la famiglia Vassallo ha ieri rivolto al Pd: rimuovere subito il nome del padre dalle insegne dei circoli di partito a lui dedicati. E tutto questo «con l’augurio che la memoria non venga solo affissa, ma praticata tutti i giorni, in maniera tale che possa non ridursi ad un’inutile nostalgia».
Causa ultima del contrasto è stata dunque la confermata candidatura di Alfieri nel collegio cilentano. O lui o noi, aveva avvertito Antonio Vassallo. E poiché il Pd ha scelto, ecco l’inevitabile rottura. Una rottura, tra l’altro, che riapre tutto il capitolo delle assai discusse candidature Pd in Campania, compresa quella di Piero De Luca, il primogenito del governatore. Ancora venerdì, infatti, Paolo Siani, il nome di punta messo in campo da Renzi per dare un taglio alle polemiche, era intervenuto sulla questione proprio con l’obiettivo di chiuderla. Non una parola su Piero De Luca. Ma molte in difesa di Alfieri. «Ho parlato a lungo con Renzi, e nel Pd — ha detto — non ci sono nomi chiacchierati: anche il caso delle fritture di pesce non esiste, perché si è indagato e nulla è emerso».
Sarcastico e indicativo il commento del cilentano Simone Violante, della corrente di Emiliano, all’ultimo minuto depennato dalle liste: «Quella di Siani? La prendo come una battuta di spirito». Altro che capitolo chiuso.
La protesta Il post contro la candidatura di Franco Alfieri, noto per le «fritture» elettorali