«La volatilità destinata ad aumentare L’euro? A quota 1,35»
«Che cosa sta succedendo? La settimana scorsa abbiamo visto un riaggiustamento delle aspettative sui tassi Usa legato a un cambiamento delle aspettative sull’inflazione. E sia la parte a breve che quella lunga della curva si è allargata. Quando il rendimento del Treasury decennale americano è arrivato a sfiorare il 3%, gli investitori hanno cominciato a preoccuparsi e a rivedere alcune strategie», sostiene Alberto Gallo, a capo delle macro strategie e portfolio manager dell’hedge fund Algebris. Di quanto stiamo parlando?
«Di circa 2 trilioni di dollari di investimenti, che dipendono da una volatilità stabile. Sono le strategie che decidono quanto rischio assumersi in base alla stabilità del mercato, cioè se comprare azioni o obbligazioni. Si tratta di un numero importante, pari a circa il 10% del Pil Usa. Vorrei ricordare che anche i subprime valevano 2 trilioni di dollari». Il riferimento è da brivido.
«Noi lo abbiamo detto fin dall’anno scorso. Quando grandi banche, come Goldman Sachs, Barclays e Credit Suisse parlavano di “esuberanza razionale”, noi la chiamavamo “calma irrazionale”». Che cosa intende per «calma irrazionale»?
«La convinzione che il mondo di domani sarà come quello di ieri, con una politica monetaria espansiva stabile da parte delle Banche centrali e basse aspettative di inflazione. Invece a un certo punto sia i banchieri centrali che gli investitori si sono resi conto di essere in una bolla, che mesi era considerata razionale».
Come spiega però il crollo improvviso di Wall Street lunedì, il maggiore da 6 anni?
«È vero che tassi di interesse hanno continuato ad allargarsi per tutto gennaio, ma i salari americani hanno cominciato a salire solo di recente e per la Banca centrale Usa i salari sono una variabile molto importante per l’inflazione. Un segnale, perciò, di un cambiamento di politica monetaria». È la fine del denaro a buon mercato? «Sì, ma credo che sarà graduale». Dove vede l’inflazione?
«In aumento con un avvicinamento al target del 2% verso fine anno, ma senza superarlo, negli Stati Uniti». E nell’eurozona, che è da poco uscita dal rischio deflazione? «In risalita fino all’1,8% a fine 2018».
Però l’euro resta forte sul dollaro: non rischia di pesare sull’export europeo e raffreddare i prezzi?
«Per noi l’euro è sottovalutato. Lo vediamo fino a 1,30-1,35 a fine anno. Ma se il rafforzamento sarà graduale, sarà riassorbito dalle dinamiche positive in corso in tutta l’eurozona, aree periferiche comprese». Il ritorno della volatilità sui mercati influenzerà le scelte della Bce?
«Un po’ di volatilità fa bene, perché ricorda al mercato che dovrà abituarsi a camminare da solo, senza il sostegno della Bce, perché continuiamo a credere che a settembre finirà il Quantitative easing». Bridgewater ha puntato 3 miliardi di dollari contro l’Italia. E voi?
«Facciamo la scommessa opposta. L’Italia non ha un problema di breve periodo. Qualsiasi governo emerga dal voto però entro i prossimi 3 anni deve riformare la giustizia, completare la riforma del lavoro e consolidare il settore bancario».