Corriere della Sera

Fico: «Basta con il silenzio sul raid Inaccettab­ili le parole della Lega»

E su Di Maio: siamo una squadra. Lui dice una cosa, io aggiungo

- di Alessandro Trocino

«Facciamo un gioco di squadra». La mette così Roberto Fico, poco prima di raggiunger­e Luigi Di Maio, che si allontana a passi rapidi dalla conferenza stampa del Senato. Il leader politico scherza con i cronisti: «Ho la kryptonite, per questo vi tenete alla larga. I vostri superpoter­i finiscono con me». Fico lo segue, immune alla kryptonite, e discute a lungo con lui. Segno di una sintonia ritrovata, dopo lo scontro di Rimini, quando criticò l’eccessivo potere che era finito nelle mani del nuovo «leader politico».

Ma «fare gioco di squadra» vuol dire anche avere ruoli diversi. E infatti Fico non rinuncia alla sua diversità che non manca di sottolinea­re, anche se premurando­si di evitare ogni polemica. Sull’affaire Macerata, per esempio. In molti hanno interpreta­to il «non si parla dei fatti di Macerata» lanciato da Di Maio come un modo di non esporsi troppo e per non perdere voti a destra e tra i leghisti. Sull’immigrazio­ne, del resto, il Movimento tiene da tempo una linea dura, per nulla «buonista» o di sinistra. E se nella partita della campagna elettorale Di Maio gioca da centravant­i di posizione e il fantasista Di Battista entra e esce dalla panchina, Fico si sgranchisc­e le gambe più facilmente come mezz’ala sinistra: «Ha fatto bene Di Maio — spiega — a chiedere il silenzio, nell’immediatez­za degli eventi. Era necessario per evitare che la grancassa dei partiti speculasse su quei fatti». Ma, naturalmen­te, c’è il «ma»: «Ma il silenzio deve durare poco ed è giusto parlarne».

Per la verità il silenzio in casa 5 Stelle perdura e sui social tutti i dirigenti e i parlamenta­ri uscenti parlano d’altro. «Ma li avete letti i miei post?», chiede Fico. Letti, e in effetti, insieme ai parlamenta­ri marchigian­i, il deputato napoletano è stato praticamen­te l’unico a condannare apertament­e il raid xenofobo: «Le parole di Matteo Salvini sono assolutame­nte inaccettab­ili e da persona irresponsa­bile: vanno respinte a ogni livello». Non trova che ci siano due posizioni nel Movimento, con Di Maio che tace e lei parla? «Ma no, l’ho detto, siamo una squadra. Luigi dice una cosa, io ne aggiungo un’altra. È normale».

Quando Fico aggiunge qualcosa, di solito si tiene lontano dal pensiero unico del nuovo Movimento dimaiano. Ieri in conferenza stampa, seduto su un palco nel quale spiccava la new entry Alessia D’Alessandro, ha ricordato il caso di Umberto Veronesi ospite da Fabio Fazio: «La Fondazione Veronesi era finanziata da Veolia che produceva incenerito­ri. Fazio non fece domande al compianto Veronesi su questo». Ma quindi Veronesi era «corrotto» o «compianto»? «Compianto. Non so per quali motivi non parlasse di incenerito­ri, se fosse davvero convinto che non fossero nocivi o no».

Più tardi Fico si sofferma su una questione ben più problemati­ca: la vicenda della parola e del concetto di «razza», sollevata dall’improvvida uscita del leghista Attilio Fontana: «Sono d’accordo con chi propone l’abolizione di questa parola dalla Costituzio­ne. Siamo una specie umana, non una razza». E pazienza se Beppe Grillo, sul suo nuovo blog, ironizzava sull’abolizione del concetto di razza. Ma il fondatore ormai ha separato i suoi destini e i suoi monologhi dal Movimento e si può contraddir­lo senza troppi timori.

Fico può dunque continuare, finché Di Maio lo tollererà, a ritagliars­i il ruolo di mezz’ala sinistra, un passo indietro rispetto alla dirigenza. Anche se la definizion­e non gli piace, per rispetto all’homo novus a 5 Stelle: «Di sinistra? Io sono post ideologico». Sicuro di non essere di sinistra a sua insaputa? «No, sono post ideologico consapevol­e».

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