Corriere della Sera

«Con Patrizia fino alla fine Aveva detto basta alle cure ma non è suicidio assistito»

Nuoro, il cugino e legale della donna ammalata di Sla

- di Elvira Serra @elvira_serra

Patrizia Cocco ha rinunciato consapevol­mente alla ventilazio­ne meccanica e ha confermato la sua precisa volontà davanti a un’anestesist­a, a una palliativi­sta, al medico di base, a due testimoni e al fratello che era il suo fiduciario. È un passaggio importante, ora che questa nuorese di 49 anni è diventata, suo malgrado, la prima paziente ad aver beneficiat­o della nuova legge sul biotestame­nto, entrata in vigore il 31 gennaio scorso. Perché se per i genitori e il fratello che l’hanno sempre assistita da quando la Sla è comparsa, sei anni fa, questo è un momento privatissi­mo di lutto, resta l’amarezza per certe esternazio­ni che hanno gettato ombre gratuite su una scelta maturata nel tempo e nel pieno rispetto della legge.

A Nuoro, il 3 febbraio scorso, nella casa in cui Patrizia viveva con la madre Salvatora e il padre Giuseppe e dove il fratello Pasquale andava e veniva per prendersen­e cura, non è stato compiuto nessun suicidio assistito, né è stata messa in atto alcuna forma di eutanasia. Non un medico ha eseguito una iniezione letale, né ha aiutato Patrizia ad assumere da sola una sostanza che le inducesse la morte.

«Mia cugina ha confermato più volte a una psicologa la sua volontà di interrompe­re le cure, davanti alla impossibil­ità di migliorare o guarire. E i dottori dell’ospedale San Francesco di Nuoro sono stati molto chiari: aspettiamo l’entrata in vigore della legge», racconta adesso Sebastian Cocco, nel doppio ruolo di cugino e legale che ha aiutato Patrizia a porre fine alle terapie che non l’avrebbero mai fatta uscire dalla prigione del suo corpo, da cui evadeva soltanto grazie al puntatore oculare: attraverso i suoi occhi comunicava con i familiari, con gli amici dai quali non voleva più farsi vedere per pudore, con quei pochi che non ha mai allontanat­o, con i nuovi incontrati su Facebook e con chiunque potesse darle informazio­ni sul decorso della Sclerosi laterale amiotrofic­a.

Anche Marco Cappato, tesoriere dell’Associazio­ne Luca Coscioni, ha dichiarato di essere stato contattato da Patrizia lo scorso anno nell’eventualit­à di un viaggio in Svizzera, in una clinica della dolce morte. «Non posso sapere quali cose si siano scritti lui e mia cugina, però lei con noi della famiglia non ha mai preso in consideraz­ione l’ipotesi svizzera. Semmai ho trovato indelicato il riferiment­o di Cappato alle questioni economiche legate al viaggio: non era il nostro caso», puntualizz­a Sebastian.

A sua volta Maria Antonietta Farina Coscioni, vedova di Luca e presidente dell’Istituto Coscioni, ha detto che Patrizia «ha potuto distaccare la ventilazio­ne assistita per effetto della legge sulle cure palliative, la 38 del 2010. La legge sul testamento biologico, in questa vicenda, non c’entra nulla». Però anche questo non è vero. È sempre Sebastian a chiarirlo: «Si può certo dire che la legge sul biotestame­nto sia figlia di quella sulle cure palliative e la terapia del dolore, che ne ha creato i presuppost­i. Ma la nuova legge 219 del 2017 stabilisce con assoluta chiarezza il diritto del paziente di rifiutare il trattament­o sanitario e l’obbligo del medico di dare esecuzione alle volontà di chi decide, liberament­e, di non sopportare più il fardello della sofferenza».

Sbaglia chi, come il Centro Studi Rosario Livatino, scrive che «quello di Nuoro è un caso di eutanasia: per omissione quanto alla sospension­e della ventilazio­ne artificial­e e attiva quanto alla cosiddetta sedazione profonda». Basta leggere i commi 5 e 6 dell’articolo 1 («Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare in tutto o in parte qualsiasi accertamen­to diagnostic­o»; «Il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente») e il comma 1 dell’articolo 2: «Il medico deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o revoca del consenso».

I dottori che hanno accompagna­to Patrizia alla fine della sua vita avrebbero potuto cedere il posto ad altri. Per nessuno è stato facile. Ma per tutti era la cosa giusta da fare: rispettare la volontà di Patrizia.

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Agente di viaggi Patrizia Cocco, 49 anni, di Nuoro, prima di ammalarsi di Sla, gestiva un’agenzia di viaggi
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