Corriere della Sera

DUDA FIRMA LA LEGGE CHE PRETENDE DI CAMBIARE LA STORIA DELLA POLONIA

- di Maria Serena Natale

«V uole che viva solo per lei e con lei. Meglio se in una stanza buia, chiusa...». Con grazia folgorante Wislawa Szymborska parlava della memoria, del corpo a corpo quotidiano con i ricordi che lei, poetessa delle piccole storie «figlia del secolo», conosceva bene. Oggi nella sua Polonia la Storia è ancora un campo di macerie. Il presidente della Repubblica Andrzej Duda ha firmato la legge che prevede fino a tre anni di carcere per chiunque, anche cittadino straniero, accusi la nazione polacca di complicità con i crimini nazisti. È la norma che vieta di definire i lager «polacchi». Si tratta di una vecchia battaglia dei governi di Varsavia, ora inserita a pieno titolo nella strategia politica dei nazional-conservato­ri di Jaroslaw Kaczynski che hanno sempre fatto del passato un terreno di autoafferm­azione e resa dei conti, scontrando­si prima con i rivali interni, la Ue e la Germania, adesso con Israele, Usa, Ucraina. Un approccio che risente di riflessi revanscist­i mai del tutto superati nella Polonia «Cristo delle nazioni», a sua volta vittima del nazismo. Duda assicura che il provvedime­nto tutelerà «la verità storica e la dignità» dello Stato ma chiede alla Corte costituzio­nale di verificarn­e la conformità alla Legge fondamenta­le che garantisce la libertà d’espression­e, aprendo a modifiche parlamenta­ri. Irriducibi­le a quella giuridica, la verità storica sullo sterminio di sei milioni di ebrei ( tre milioni erano polacchi) non si piega alle ragioni della dignità nazionale. La legge sulla Shoah trasforma la memoria in ossessione, negandone la natura di continuo processo di elaborazio­ne, materia viva da tramandare, con il suo carico di complessit­à e dolore, fuori dalle stanze buie di Szymborska, «... ma qui nei miei piani c’è sempre il sole presente, le nuvole di oggi, le vie giorno per giorno».

msnatale@corriere.it

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