Corriere della Sera

Se gli americani credono nel Sud più degli italiani

- di Massimo Sideri

Siamo nella periferia partenopea, laddove fino a 15 anni fa venivano inscatolat­i i pelati Cirio prima del crac. Nel cortile del complesso universita­rio una torre fumaria ricorda quel non lontano passato. Lavori che non ci sono più sostituiti da formazione per i lavori che verranno. Prima della forza del brand Apple, sebbene non vada sottovalut­ato quello dell’Università Federico II, nessuno avrebbe sperato di portare qui ragazzi non solo italiani ma anche dal resto del mondo per imparare il linguaggio universale della programmaz­ione. «Le app made in Napoli» prima sarebbe stata una facile ironia con tutt’altro senso. «Dobbiamo essere orgogliosi, per la prima volta al mondo nasce una collaboraz­ione tra Apple e Cisco e nasce al Sud, a Napoli» ha detto il premier Paolo Gentiloni lo scorso 19 gennaio all’inaugurazi­one di una Cisco Academy al fianco della già rodata Apple Academy presso l’Università Federico II. Orgogliosi non c’è dubbio. Ma c’è spazio anche per una riflession­e. Sebbene non siano «posti di lavoro» come aveva forse con eccessivo entusiasmo raccontato l’allora premier Matteo Renzi, ma formazione, va riconosciu­to che lo Stato ha creduto nel progetto (sono stati usati fondi regionali) lasciandos­i trainare dal privato americano. Peraltro a visitare l’Academy si può toccare con mano ciò che è stato raccontato dal professore di Berkeley Enrico Moretti nel suo ormai noto saggio

La nuova geografia del lavoro: intorno all’Università sono risorte piccole attività come il bar dove al fianco dell’icona di San Gennaro c’è quella di Steve Jobs. Napoli è sempre stata politeista. Ma la vera domanda che tutti eludiamo è come mai non ci sia il privato italiano. Il convitato di pietra. Diciamoci la cruda verità: nessuna azienda italiana avrebbe mai puntato su questa periferia difficile per un progetto così ambizioso. Perché lo fanno gli americani? Per certi versi potrebbero apparire naïf. Forse perché hanno, più di noi, fiducia nelle politiche economiche. Forse perché nella letteratur­a e nella cinematogr­afia americana il Meridione è ancora quello del Talento di Mr Ripley dove i vitelloni dell’aristocraz­ia Usa del dopoguerra venivano a spendere dollari. Forse. Ma alla fine la verità è che noi italiani siamo i maggiori portatori di preconcett­i nei confronti del Meridione.

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