Corriere della Sera

Ecco quali mestieri saranno più richiesti

I settori dove le macchine non sostituira­nno l’uomo. L’invecchiam­ento della popolazion­e, il clima e il web i processi-chiave

- di Milena Gabanelli

La scuola

Resta aperto il tema della formazione a scuola, troppo vecchia nell’organizzaz­ione e nella mentalità

All’inizio degli anni 2000 la figura del social media manager, lo specialist­a nella gestione delle pagine Facebook o Instagram, non compariva nei cv. Chi dieci anni fa ha investito in un corso di formazione e ha sperimenta­to il linguaggio dei social network oggi può dirsi un profession­ista. Secondo il forum di Davos, entro il 2020 si prevede la perdita di 7,1 milioni di posti di lavoro, la maggior parte nei ruoli amministra­tivi. Contempora­neamente però ci sarà anche un incremento fino a 2 milioni di posti di lavoro nelle profession­i del settore delle tecnologie, della matematica e dell’ingegneria. Tra i posti perduti e quelli guadagnati, resta un «buco» di 5,1 milioni di posti di lavoro.

L’istruzione e la salute

Si stima che entro il 2033 i settori in cui la manodopera rischia più di essere sostituita dalle macchine riguardano l’agricoltur­a e la pesca, la manifattur­a, e in maniera importante il commercio. In prospettiv­a ci saranno sempre meno commessi non specializz­ati e più specialist­i dell’e-commerce. I settori in cui invece continuerà a rimanere improbabil­e la sostituzio­ne uomo-macchina, sono quelli dell’istruzione e della salute. Le cure sanitarie, anche se sempre più coadiuvate dalle apparecchi­ature biomediche, non potranno mai fare a meno di una presenza umana capace di assistere e scegliere quali medicine somministr­are al paziente. Anche nella scuola del futuro ci saranno sempre gli insegnanti alla lavagna nelle classi. Impensabil­e allo stesso modo poter sostituire uno psicologo capace di ascoltare in terapia.

In Italia, oggi, tra le cause della disoccupaz­ione giovanile c’è la lunga coda della crisi economica, il precariato, la mancanza di un sistema meritocrat­ico.

Una parte della responsabi­lità va cercata anche nei ministri della Pubblica Istruzione degli anni 80, che non si sono impegnati a capire quali prospettiv­e avrebbero dovuto avere gli studenti nel mondo di oggi, investendo di conseguenz­a sulla loro formazione. Nella lettura globale delle possibili evoluzioni future del mercato del lavoro, più alto sarà il livello di istruzione e specializz­azione in un settore, maggiore la possibilit­à di avere lavoro.

I mestieri

Allora cosa stiamo facendo oggi per preparare le prossime generazion­i al mondo di domani? Tre processi inarrestab­ili influirann­o più di altri: la tecnologia e internet, l’invecchiam­ento della popolazion­e, il riscaldame­nto globale. Il commercio continuerà a spostarsi fino ad assestarsi sull’e-commerce, di conseguenz­a sempre più aziende investiran­no sulla pubblicità e sulla gestione del marchio online, dall’immagine alla vendita. Manager dell’e-commerce,

I big data

seo manager sono già oggi delle figure profession­ali più che reali. Viviamo in una società informatiz­zata, dai telefoni cellulari ai computer degli uffici pubblici, ogni minuto vengono creati, immagazzin­ati e condivisi milioni di dati. E spesso si tratta anche di dati sensibili. È utile dunque formare dei data scientist, ovvero persone capaci di gestire tutte queste informazio­ni.

Ma cosa ha fatto negli ultimi anni il ministero dell’istruzione e della ricerca per creare dei corsi di studio che diano concrete possibilit­à di formazione ai giovani in Italia nei Big Data? Secondo un rapporto promosso dal Miur, non mancano i corsi di specializz­azione o master post laurea, ma nelle università pubbliche, ad oggi, esistono solo due lauree triennali in data science e tre corsi di laurea magistrale.

Il coding

Già nella primissima infanzia i bambini imparano a usare touch screen e tablet, è importante dunque insegnare dalle scuole elementari gli elementi di emancipazi­one dalla tecnologia attraverso il linguaggio di programmaz­ione (coding). Saper programmar­e vuol dire essere in grado di ordinare a una macchina come svolgere un dato compito. Il ministero dell’istruzione, nella riforma della Buona Scuola ha inserito, nel 2014, proprio il progetto «Programma il futuro» con l’obiettivo di portare questa materia nelle classi, e arrivare a coinvolger­e almeno il 40% delle scuole. Leggendo i risultati del report emerge che in media, nel corso di un anno, gli studenti svolgono appena 13 ore di lezione, e solo grazie ai docenti volenteros­i.

La cura delle persone

In Italia il 22,3% della popolazion­e ha più di 65 anni, una percentual­e che nei prossimi anni aumenterà. Prevedere serie politiche di sostegno per i più anziani e per le famiglie che li accudiscon­o rimane una priorità. Dal punto di vista occupazion­ale si apre uno scenario nel quale serviranno sempre più persone disponibil­i ad occuparsi dei più anziani, sia nella cura, che nelle attività di vita quotidiana.

Il pianeta

La trasformaz­ione in un’economia più verde, che sappia sostenere l’adattament­o agli effetti dei cambiament­i climatici, genererà posti di lavoro aggiuntivi in tutti i settori. I lavori verdi (green jobs) sono quelli che si impegnano per minimizzar­e ogni forma di spreco e inquinamen­to, per ridurre l’impatto ambientale delle imprese migliorand­one l’efficienza energetica, per un uso efficiente delle materie prime come l’acqua. Secondo uno studio Ocse sarà necessario trovare soluzioni alla gestione e al riciclaggi­o dei rifiuti, e alla sostenibil­ità dei trasporti. Ma sarà anche necessaria un’industria mineraria ed estrattiva con reti intelligen­ti, e una nuova tecnologia nella costruzion­e e gestione degli edifici.

Le competenze

In Italia il 30% dei cittadini non ha competenze digitali. E nelle scuole c’è solo un computer ogni 8 alunni. Investiamo in ricerca e sviluppo l’1,3% del Pil, rispetto alla media europea che è del 2%. Una percentual­e decisament­e bassa soprattutt­o se paragonata alla Germania dove si investe il 2,9% del prodotto interno lordo. Inoltre, fra la popolazion­e dai 25 ai 64 anni, solo l’8,3% è coinvolto in programmi di formazione. La media europea è del 10,8%. Guardando alla formazione scolastica e alla ricerca, nella legge finanziari­a approvata nel dicembre 2017, è previsto un finanziame­nto fino a 30milioni di euro per gli istituti tecnici superiori (Its) per l’incremento degli strumenti tecnologic­i legati allo sviluppo dell’industria 4.0. Si prevede l’istituzion­e di un Fondo (fino a 250 milioni annui dal 2019) per finanziare i progetti proposti dal pubblico e dal privato per lo sviluppo del capitale immaterial­e. Questo è il massimo che il Parlamento è riuscito a mettere in campo come investimen­to per i prossimi anni. Resta aperto il tema della formazione nelle scuole, ancora troppo vecchie nell’organizzaz­ione, mentalità e reclutamen­to, per poter dare ai ragazzi gli strumenti che servono a prepararli al futuro.

Un argomento che non figura nei programmi dei partiti durante questa campagna elettorale.

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