Corriere della Sera

«La bocciatura del referendum è stata un bene»

Il cardinal Ruini: un bene il no al referendum costituzio­nale

- di Massimo Franco

Il cardinale Camillo Ruini: «I cattolici rischiano di diventare irrilevant­i». E «il no al referendum costituzio­nale è stato un bene».

Ammette che l’italia è meno cattolica di un tempo. Vede nel calo demografic­o il problema più grave, «perché distrugge le speranze». Archivia come «una triste deviazione» la legge sul fine vita e le unioni civili. Si dice «contento che la Costituzio­ne non abbia subito le modifiche al referendum istituzion­ale». E in politica vede una «fase nuova in cui i cattolici rischiano l’irrilevanz­a». Il cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei dal 1991 al 2007, analizza la sua Italia, sotto le foto di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Quanto resta di cattolico nell’italia del 2018, eminenza?

«Difficile fare valutazion­i: solo Dio conosce i cuori. Umanamente parlando, di cattolico sembra ci sia meno che una decina di anni fa: in convinzion­e e in pratica della fede. Ma ci sono anche molti cristiani autentici, che chiamerei santi. Quindi, non è il caso di disperare».

Pochi figli, disoccupaz­ione giovanile sul 40 per cento, e valori morali non proprio di moda. La Chiesa non ha una parte di responsabi­lità?

«Il calo demografic­o riguarda l’italia da tempo. Lo ritengo il problema più grave, perché distrugge la speranza di futuro. Ma non mi sento di attribuire responsabi­lità alla Chiesa. Siamo stati i primi a lanciare l’allarme, inascoltat­i. Adesso se ne accorgono in tanti, sebbene non veda ancora decisioni adeguate. Forse, sulla disoccupaz­ione la Chiesa dovrebbe avere idee più chiare e coraggiose. E dire che la certezza del lavoro è essenziale ma che è finita l’epoca del posto fisso».

E i valori morali? Non arrivano sempre buoni esempi anche da uomini di Chiesa.

«I valori morali appartengo­no alla sostanza della nostra fede. Ogni volta che un uomo di Chiesa dà scandalo, si rende responsabi­le di una inaccettab­ile contro-testimonia­nza. La Chiesa però, nel suo complesso, si impegna, e molto, per affermarli. Ma la sua opera è spesso soverchiat­a da forze che spingono in senso contrario».

Il sì alle unioni civili e al fine vita ha archiviato l’idea di un’italia «eccezione» in un’europa secolarizz­ata. È opinione generale che sia un passo avanti. Per lei no?

«Come posso ritenerlo un passo avanti? È una triste deviazione. La sacralità della vita e il matrimonio sono alle fondamenta della nostra civiltà: non per nulla sono stati a lungo un patrimonio condiviso. Ha poco senso lamentarsi del decadiment­o morale dell’italia e poi approvare leggi del genere».

Sul fine vita, i sostenitor­i citano le parole del Papa contro l’accaniment­o terapeutic­o. Non hanno qualche ragione?

«Direi proprio di no. Il Papa ha ripetutame­nte escluso l’eutanasia. E invece la legge le apre le porte, pur senza nominarla». Quale Chiesa sta prevalendo? Quella che resiste alla modernità o quella che la asseconda?

«Fatico a riconoscer­mi in questa alternativ­a anche se la comprendo. Secondo me non basta né resistere alla modernità, né assecondar­la. Il primo atteggiame­nto porta il cristianes­imo fuori dalla storia, il secondo lo svuota della sua sostanza. Non è facile, ma occorre stare dentro alla modernità per orientarla in senso cristiano, senza subirla passivamen­te. È la lezione del Concilio Vaticano II».

Le leggi che critica sono passate con un governo che aveva esponenti cattolici in prima fila. Non deve farvi riflettere?

«Sicurament­e. E la principale conclusion­e da ricavare è che la fede stenta a tradursi in cultura, in capacità di valutazion­e

 Vedo proteste più che proposte in questa campagna elettorale Il pericolo è che gli eccessi polemici alimentino l’astensioni­smo. Confidiamo nella maturità degli italiani

e di giudizio. Questo è probabilme­nte uno dei limiti maggiori della formazione che diamo nelle parrocchie e nelle associazio­ni».

Anche lei come il Papa vede un’europa nonna sterile?

«Almeno per un aspetto è difficile contestare questa affermazio­ne: quasi tutta l’europa è in crisi demografic­a, abitata da persone anziane. E noi anziani raramente siamo intraprend­enti e creativi. L’unità europea è un bene essenziale, particolar­mente per l’italia.

Diritti civili

Fine vita e unioni civili una triste deviazione Inutile lamentarsi del decadiment­o morale

Ma deve concentrar­si sui grandi temi dell’economia, della politica estera, della difesa, non pretendere di livellare stili di vita diversi, altrimenti l’europa diventa invisa ai popoli».

Il modo in cui la Chiesa tratta l’immigrazio­ne è compreso e condiviso, secondo lei? Non teme che per paradosso possa alimentare la xenofobia?

«Mi rendo conto che il comportame­nto della Chiesa incontra critiche e opposizion­i. Purtroppo si interpreta­no come pericoloso buonismo le esigenze della carità cristiana. Così diventa possibile perfino il paradosso che la Chiesa alimenti la xenofobia, alla quale invece la Chiesa è forse il maggior freno. Questo non esclude che uomini di Chiesa sottovalut­ino i gravami che un’immigrazio­ne troppo massiccia e poco regolata impone alle fasce più umili della popolazion­e».

Che cosa la colpisce in questa campagna elettorale?

«L’italia sta emergendo da un periodo difficile, con poche certezze. Perciò molti italiani sono, comprensib­ilmente, arrabbiati. I partiti colgono questo stato d’animo e cercano di volgerlo a proprio vantaggio. Vedo polemiche più che proposte, ma dopo le elezioni le acque dovrebbero calmarsi. Il vero pericolo è che gli eccessi polemici alimentino l’astensioni­smo: confidiamo nella maturità degli italiani».

Finito il collateral­ismo con la Dc e poi, negli Anni Novanta, col centrodest­ra, quale può essere il rapporto tra la politica e il mondo cattolico?

«Ho vissuto le due fasi che lei chiama collateral­ismo. Con la Dc parlerei di sostegno critico, un sostegno che nel primo dopoguerra è stato decisivo per il bene dell’italia. Col centrodest­ra il rapporto è stato diverso: finita l’unità politica dei cattolici, la Chiesa non ha più indicato partiti da sostenere, ma ha sottolinea­to contenuti e valori. Con essi i diversi schieramen­ti hanno rivendicat­o la propria consonanza, della quale però restavano giudici gli elettori. In questo, il centrodest­ra ha avuto probabilme­nte più successo del centrosini­stra».

E oggi?

«C’è una fase nuova, nella quale i cattolici rischiano di essere sempre meno rilevanti, nonostante il loro grande contributo alla vita sociale. Per evitare questo esito, è indispensa­bile potenziare le capacità di tradurre la fede in cultura e in azione politica».

È contento che la Costituzio­ne sia uscita indenne dal referendum del 4 dicembre 2016?

«Farei meglio a non rispondere: la domanda ha un taglio troppo politico. Ma voglio essere sincero, sperando di non essere equivocato. Sono contento che la Costituzio­ne non abbia subito le modifiche sottoposte a referendum, anche per il contesto nel quale venivano a collocarsi. Ciò non significa che la Costituzio­ne non necessiti di aggiorname­nti».

Come si spiega la vittoria dei «no»?

«Forse il fattore più rilevante è stato il rifiuto della prospettiv­a di un uomo solo al comando».

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 ??  ?? A Lisbona Il capo dello Stato Sergio Mattarella, 76 anni, ieri col presidente del Portogallo Marcelo Rebelo de Sousa, 69, e il re di Spagna Felipe VI, 50
A Lisbona Il capo dello Stato Sergio Mattarella, 76 anni, ieri col presidente del Portogallo Marcelo Rebelo de Sousa, 69, e il re di Spagna Felipe VI, 50

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