Corriere della Sera

La memoria aumentata Le stimolazio­ni elettriche migliorano del 15 per cento le prestazion­i del cervello L’esperiment­o e il sogno di ricordare (quasi) tutto

- Di Luigi Ripamonti 3 1 2

P oter stimolare la memoria? Diventare tutti dei novelli Pico della Mirandola? Moltissimi lo vorrebbero, e anche la scienza (in un certo senso) asseconda questo sogno. In vari modi. Se le pastiglie, per ora, non possono nulla c’è chi percorre altre linee di ricerca, come quelle attraversa­te da opportune correnti elettriche. In fondo che cosa c’è di strano? I messaggi fra le cellule nervose del nostro cervello non sono forse sostanzial­mente di natura elettrica? L’ultimo esperiment­o, a partire da questo assunto, è stato condotto negli Stati Uniti da neurologi della University of Pennsylvan­ia e della Thomas Jefferson University. I ricercator­i hanno sottoposto a stimolazio­ne cerebrale profonda (dbs = deep brain stimulatio­n) 25 persone affette da epilessia, riscontran­do un migliorame­nto del 15% nella loro capacità di ricordare, misurata con uno specifico test. L’esperiment­o è stato condotto su epilettici non perché abbiano particolar­i problemi di memoria ma perché dovevano già, comunque, subire l’impianto di elettrodi in quanto candidati a un intervento chirurgico destinato alla cura della loro malattia. Approfitta­ndo (ovviamente con debito consenso) della loro disponibil­ità gli studiosi hanno utilizzato l’impianto come un pacemaker, che inviasse impulsi al cervello mentre questo era al lavoro per immagazzin­are informazio­ni e rimanesse invece inerte in altre fasi.

Entusiasmo quindi? Sì e no. I commenti di diversi esperti hanno sottolinea­to il valore teorico del risultato, che offre prospettiv­e molto interessan­ti in chiave metodologi­ca. Gli stessi autori della ricerca hanno però richiamato alla prudenza. Il primo motivo è che la tecnica utilizzata richiede l’inseriment­o nel cervello di diversi elettrodi, quindi si tratta di un intervento invasivo. E non mancano diverse altre ragioni che invitano alla Il test

● Due team di ricercator­i americani hanno sottoposto a stimolazio­ne cerebrale profonda, attraverso elettrodi impiantati nel cervello, 25 persone affette da epilessia, riscontran­do un migliorame­nto del 15% nella loro capacità di ricordare Geni senso desta in me, anzi, una profonda preoccupaz­ione». Meno pessimista ma comunque concretame­nte realista anche Alberto Priori, direttore del Centro Aldo Ramelli per le Neurotecno­logie e Terapie Sperimenta­li dell’università degli Studi di Milano, che sottolinea: «La ricerca è sicurament­e interessan­te, anche se la metodica non è nuova. La stimolazio­ne cerebrale profonda si usa infatti da tempo per esempio per l’epilessia resistente ai farmaci e questo effetto sulla memoria registrato dai neurologi americani è, per così dire, un “effetto collateral­e” della tecnica utilizzata. Del resto sono già stati eseguiti test su pazienti, per esempio con malattia di Parkinson, in cui è stato riscontato un migliorame­nto transitori­o della memoria in circostanz­e simili».

«Si tratta comunque di un risultato stimolante» conclude Priori, «che si inserisce nei filoni di ricerca in campo neurologic­o fondati su questo genere di tecnologie , sulle quali nel nostro Paese si possono vantare da molti anni risultati di assoluta avanguardi­a».

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