Corriere della Sera

La disinforma­zione, arma a doppio taglio

- di Danilo Taino Statistics Editor danilotain­o © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Qualche giorno fa, il China Daily, quotidiano in lingua inglese dell’ufficialit­à di Pechino, ha scritto un articolo titolato «L’occidente intrappola­to nell’isteria da sharp power». La definizion­e sharp power è stata introdotta nella conversazi­one politica da Jessica Ludwig e Christophe­r Walker in un articolo su Foreign Affairs: con esso si intende «potere disonesto», in sostanza ciò che si manifesta attraverso quelle che oggi vengono chiamate fake news. È una sottospeci­e del soft power. Ma mentre questo è quel potere che un Paese costruisce attraverso le sue qualità non militari o economiche — dalla cultura alla creatività — con sharp power si intende l’invenzione e la manipolazi­one organizzat­a delle informazio­ni per nobilitare se stessi o screditare altri. Accusati di questa attività sono soprattutt­o Cina e Russia. È però interessan­te notare che Pechino e Mosca faticano a migliorare le loro credibilit­à nonostante l’energia che mettono nell’impresa. Secondo l’indice Soft Power 30 del 2017 elaborato dalla società di consulenza Portland e dal Center on Public Diplomacy della University of Southern California, il Paese che nel mondo è più attraente per le sue qualità soft è la Francia, che l’anno scorso grazie all’elezione di Emmanuel Macron ha superato l’america di Donald Trump, scesa al terzo posto rispetto all’anno prima. Alla posizione numero due è rimasto il Regno Unito (nonostante la Brexit o grazie a essa), alla quattro la Germania, alla cinque il Canada. L’italia è alla posizione numero 13 della classifica e si può notare che nei primi 19 posti ci sono solo Paesi di piena democrazia i cui governi non hanno (o non dovrebbero avere) dipartimen­ti di disinforma­zione e non possiedono media che manipolano le notizie. Nella classifica del soft power la Cina è al posto 25 e la Russia al 26, su 30. Questo nonostante che da un decennio Pechino investa ogni anno dieci miliardi di dollari per sostenere la sua reputazion­e (secondo David Shambaugh della George Washington University) e la Russia utilizzi numerosi siti e television­i a scopo di propaganda. Si può dunque pensare che l’uso organizzat­o della disinforma­zione non produca buoni risultati. O che sia proprio esso a impedire a chi lo usa di essere riconosciu­to come una forza positiva nel mondo.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy