Corriere della Sera

Pasta, dal 17 l’etichetta sull’origine

- di Michelange­lo Borrillo @Micborrill­o

Conto alla rovescia per l’introduzio­ne dell’obbligo dell’origine del grano sui pacchi di pasta. Dal 17 febbraio le confezioni dovranno avere in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello in cui il grano è stato macinato. Anche l’aidepi (Associazio­ne delle industrie del dolce e della pasta italiane) che nei mesi scorsi aveva espresso perplessit­à sul decreto che entrerà in vigore la prossima settimana, ovviamente rispetterà la nuova normativa. Ma i dubbi restano: «Le nostre perplessit­à iniziali — spiega il presidente di Aidepi Riccardo Felicetti — deriva dalla consideraz­ione che non è attraverso l’origine della materia prima che si dichiara la qualità della pasta che, piuttosto, deriva dal saper fare il pastaio. Abbiamo cercato di sostenere le nostre idee, che non sono state accolte dal legislator­e. E così le prime confezioni sono già sul mercato. Ma riteniamo che ci sia stata una spinta in avanti troppo rapida: a partire dal secondo quadrimest­re del 2018, infatti, arriverà il regolament­o europeo che sostituirà la nuova normativa». Il regolament­o — che riguarderà non solo la pasta — sarà direttamen­te applicabil­e in tutti gli Stati membri e introdurrà l’origine volontaria per tutti i prodotti e basterà indicare se l’ingredient­e primario ha un’origine diversa da quella del prodotto finito. Anche per questo, prima ancora che entri in vigore il decreto italiano e in attesa del regolament­o Ue, Federconsu­matori è già sul piede di guerra: «La posizione che si esprime nella bozza di regolament­o è inaccettab­ile. Le buone pratiche italiane sull’etichettat­ura devono essere difese: se il testo venisse approvato assisterem­mo a una vera e propria involuzion­e sul piano del diritto all’informazio­ne nonché della sicurezza alimentare di tutti i cittadini». Il rischio, quindi, è che la doppia novità possa creare confusione. «Ma la cosa più grave — conclude Felicetti — è aver creato l’idea che il grano italiano sia meglio di quello estero: ciò potrebbe ridurre la qualità della materia prima utilizzata».

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