Allevi: «Promuovo gli artisti L’orchestra va usata di più»
Giudice al Festival. «Tra i volti storici amo Ranieri e Matia Bazar»
SANREMO «Ho visto la prima puntata, ho ascoltato tutte le canzoni, ma quando mi sono svegliato la mattina dopo non ne ricordavo neanche una».
Caro Giovanni Allevi cominciamo male. Pianista e compositore, lei è stato invitato nella giuria degli esperti del Festival, patria della canzonetta che si canticchia il giorno dopo sotto la doccia…
«È un errore. Dovremmo dare alle canzoni il tempo di entrare nell’immaginario collettivo. Ricordiamoci Vita spericolata di Vasco...».
Come giudicherà i brani?
«Ho messo a fuoco quattro criteri. Il primo è che ci deve essere un adeguato sfruttamento di tutte le risorse: solista, orchestra e band. Quindi l’originalità della melodia: il mio maestro di composizione mi diceva che deve essere servita su un piatto d’argento e suggerisco Avrai di Baglioni come punto di riferimento. Quindi la complessità armonica per non ridurre tutto ai soliti tre accordi. Infine la passione di chi interpreta».
Nulla sulla voce?
«Sull’intonazione sono indulgente perché ho passato una vita sul palco e so quanto sia difficile esibirsi».
Non può svelare i voti ai singoli, giudizio sulla classe?
«La media finale è 8: sono dalla parte degli artisti».
Faccia il cattivo. Il criterio meno rispettato?
«Quello dell’utilizzo delle risorse. Ho notato che alcune canzoni hanno un momento strumentale e l’ho trovato bello, ma in generale l’orchestra andrebbe usata meglio. Se è sul palco voglio sentirne ogni sezione. Il modello, anche se lontano e irraggiungibile, dovrebbero essere i Lieder di Mahler».
Dove sono andati bene?
«Nella passione. Quella l’ho vista in tutti. Ho trovato encomiabile che alcuni artisti con una lunga carriera si siano impegnati come leoni. Una lezione alle giovani leve».
Voterete solo le canzoni. Allarghiamoci ai conduttori. Baglioni?
«Ha fatto un discorso di grande valore estetico e culturale di rivalutazione della canzone, forma più alta di quanto si pensi».
Cosa pensava della canzone durante gli studi classici?
«Al Conservatorio ti inducono a pensare che Sanremo non ti debba riguardare. Invece è una manifestazione profonda dello spirito del tempo e della genialità italiana espressa nella melodia. L’ho capito quando ho iniziato a suonare dal vivo e incontrare il pubblico».
Torniamo al cast. Favino e Hunziker?
«Lui folgorante nel medley che ci ha strattonati in un caleidoscopico viaggio nella storia della canzone. Lei bellezza e simpatia assieme».
Tutti lodano Fiorello…
«L’idea di mettere i testi di Morandi sulle canzoni di Baglioni è stata geniale».
Prima degli anni in Conservatorio seguiva il Festival?
«Il grande Pippo Baudo!».
È il Festival della canzone, non del conduttore…
«Allora scelgo Perdere l’amore di Ranieri per la melodia; Vacanze romane dei Matia Bazar per il timbro di un clarinetto elettrico; La canzone mononota degli Elii, bloccare la melodia su una nota sola ti costringe a un lavoro pazzesco sul resto».
Un suo brano a Sanremo?
«Non dico no, seguo l’istinto. Sono timido e tendo all’isolamento, quindi non incontro altri artisti. Questa è un’occasione unica: ne vedrò 20 in pochi giorni».