Corriere della Sera

Stupri e natura: così Michielett­o rilegge Rossini

- di Enrico Girardi

Lo stupro che due anni fa suscitò le proteste del pubblico londinese, a Palermo passa quasi inosservat­o. Del resto, la cosa fa parte dell’orrendo repertorio di crudeltà belliche. E la guerra che i dominatori austriaci alla Svizzera di Guglielmo Tell è al centro dell’azione nel capolavoro di Rossini, Guglielmo Tell. Con tale titolo il Teatro Massimo di Palermo ha aperto la propria stagione lirica, riprendend­o l’allestimen­to che Damiano Michielett­o firmò due anni fa per il Covent Garden. È un allestimen­to di pregio. Sobrio. Essenziale. Gioca sul tema della Natura come elemento primario dell’identità di un popolo, quella Natura stuprata dall’oppressore — una pianta abbattuta domina la scena — ma infine riconquist­ata dagli oppressi (e spunta un arboscello di speranza). Le scene sono neutre, i costumi moderni. L’azione passa attraverso un’accurata recitazion­e e una gestualità ben studiata. Scene e luci ne offrono un affascinan­te contrappun­to emotivo.

Guillaume Tell è titolo ostico. Ma i cantanti offrono prove convincent­i, soprattutt­o l’arnold di Enea Scala. Piace anche il Tell più umano che eroico di Davide Damiani e la risoluta Mathilde di Salome Jicia: interpreti veri, non muscolari, consapevol­i dello stile che occorre. Se la prova del Coro è debole, quella dell’orchestra è affidabile. Gabriele Ferro la dirige con spiccata sensibilit­à. I cantabili ad esempio li guida con un gesto che produce eleganti fraseggi. Manca però energia quando i toni si fanno accesi. In quei casi ci vorrebbe un po’ di sangue siculo, mica svizzero!

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Bollicine Un momento dell’opera in scena a Palermo

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