Stupri e natura: così Michieletto rilegge Rossini
Lo stupro che due anni fa suscitò le proteste del pubblico londinese, a Palermo passa quasi inosservato. Del resto, la cosa fa parte dell’orrendo repertorio di crudeltà belliche. E la guerra che i dominatori austriaci alla Svizzera di Guglielmo Tell è al centro dell’azione nel capolavoro di Rossini, Guglielmo Tell. Con tale titolo il Teatro Massimo di Palermo ha aperto la propria stagione lirica, riprendendo l’allestimento che Damiano Michieletto firmò due anni fa per il Covent Garden. È un allestimento di pregio. Sobrio. Essenziale. Gioca sul tema della Natura come elemento primario dell’identità di un popolo, quella Natura stuprata dall’oppressore — una pianta abbattuta domina la scena — ma infine riconquistata dagli oppressi (e spunta un arboscello di speranza). Le scene sono neutre, i costumi moderni. L’azione passa attraverso un’accurata recitazione e una gestualità ben studiata. Scene e luci ne offrono un affascinante contrappunto emotivo.
Guillaume Tell è titolo ostico. Ma i cantanti offrono prove convincenti, soprattutto l’arnold di Enea Scala. Piace anche il Tell più umano che eroico di Davide Damiani e la risoluta Mathilde di Salome Jicia: interpreti veri, non muscolari, consapevoli dello stile che occorre. Se la prova del Coro è debole, quella dell’orchestra è affidabile. Gabriele Ferro la dirige con spiccata sensibilità. I cantabili ad esempio li guida con un gesto che produce eleganti fraseggi. Manca però energia quando i toni si fanno accesi. In quei casi ci vorrebbe un po’ di sangue siculo, mica svizzero!