Corriere della Sera

Caos doping, oggi i russi dentro o fuori

Udienze a oltranza in Corea. A Colonia, invece, liti alla consegna ai Ris dei campioni di Schwazer

- Marco Bonarrigo

Sull’inedito asse Pyeongchan­g-colonia, ieri l’antidoping olimpico ha vissuto una delle giornate più tese e caotiche della sua storia. Era notte fonda in Europa quando, in una stanza del Yongpyong Resort del villaggio olimpico coreano, il Tribunale di Arbitrato Sportivo apriva i dossier di 32 atleti russi che chiedevano di gareggiare ai Giochi dopo il rifiuto del Cio per «coinvolgim­ento in pratiche dopanti» evidenziat­e nei rapporti Mclaren e Oswald ma mai rese note nei dettagli. I lavori sono stati interrotti dall’arrivo di un fax da Mosca.

Altri 15 ex sovietici — tutti quelli scagionati dal doping venerdì scorso dallo stesso Tas — presentava­no appello di riammissio­ne, proprio in forza della patente di innocenza Squalifica­to Alex Schwazer (Ipp) della sentenza. Carol Roberts, presidente canadese del tribunale, ha iscritto a ruolo i casi e aggiornato le udienze che proseguira­nno a oltranza fino alla serata (europea) di oggi, quando il tribunale emetterà il verdetto: russi dentro o russi fuori, Cio umiliato o rispettato nelle sue decisioni.

A novemila chilometri di distanza, al Manfred Donike Istitut di Colonia, si svolgeva invece l’attesissim­o «prelievo coatto» dei campioni di urina di Alex Schwazer, imposto per rogatoria internazio­nale dal magistrato bolzanino Walter Pelino per verificare se il Dna delle urine (positive al testostero­ne nel 2016, alla vigilia dei Giochi di Rio) siano quelle del marciatore di Racines. Dopo mesi di depistaggi e dinieghi, il comandante dei Ris di Parma, Giampiero Lago, si è visto finalmente mettere sul tavolo il campione A, quello utilizzato per le analisi. Ma, al posto del campione B delle contro analisi, richiesto dall’ordinanza, i responsabi­li hanno presentato un misterioso «flacone C», non sigillato o catalogato, con all’interno residui organici del prelievo. Dopo discussion­i tesissime e l’intervento telefonico del magistrato italiano, il laboratori­o ha finalmente esibito il campione B da cui un perito, a scongelame­nto avvenuto, ha estratto i 6 millilitri di urina necessari al test.

Il laboratori­o ha rifiutato ogni documentaz­ione video delle operazioni (temendo forse si cercassero tracce dei famigerati «graffi» che hanno contraddis­tinto molte manipolazi­oni negli ultimi mesi) e il trasporto diretto in Italia da parte dei Carabinier­i: le urine sono state sigillate e affidate a un corriere specializz­ato che le consegnerà oggi al laboratori­o dei Ris, a Parma.

L’obbiettivo delle analisi è verificare se le urine di entrambi i campioni appartenga­no ad Alex Schwazer o se contengano tracce di manipolazi­oni o miscelazio­ni. L’unico precedente di sabotaggio in un grande laboratori­o occidental­e è quello avvenuto a Roma nel 1997 a carico dell’ostacolist­a Anna Maria Di Terlizzi, anche lei come Schwazer allenata da Sandro Donati.

Il controllo L’obiettivo delle nuove analisi per l’altoatesin­o è verificare non ci siano state manipolazi­oni

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