Corriere della Sera

«Miasmi, via quei migranti» Ma le case senza fogne sono quelle di chi protesta

Genova, ospiti del prete nell’ex asilo. Il giudice: restino lì

- dal nostro inviato Marco Imarisio

I signori di Multedo GENOVA sono «la gente». Ma non tutta la gente. Tantomeno quella del loro quartiere. Non basta sostenere di «rappresent­are la collettivi­tà e l’interesse pubblico» per essere «legittimat­i ad agire». Bisogna anche dimostrarl­o.

La sentenza del tribunale civile che per il momento chiude la vicenda dell’accoglienz­a di 10 migranti in un asilo chiuso da due anni contiene spunti interessan­ti, per chi li vuole vedere, o leggere. Multedo è un borgo di 4mila abitanti nel ponente genovese, stretto tra Corniglian­o, Pegli, un casello autostrada­le, i depositi chimici, il Porto Petroli, una piscina e un asilo abbandonat­i. Un’ex roccaforte rossa dove alle ultime amministra­tive la Lega ha fatto il pieno, risultando il partito più votato. Nel settembre 2017, come da piano della Prefettura, nella storica scuola gestita dalle Suore della Neve arrivano 10 giovani profughi. Nascono comitati contrari alla loro accoglienz­a, gestita da don Giacomo Martino. Ai gazebo, vengono raccolte 200 firme, tradotte in un ricorso al tribunale dall’avvocato Alberto Campanella, capogruppo di Fratelli d’italia in Comune. «Io non abito in quella zona, ma sbaglia chi vede un intento politico nella nostra iniziativa. Non faccio politica, sono padre di un bimbo di 2 anni. Quella gente ha diritto di riavere indietro il proprio asilo».

L’argomento forte del ricorso era legato a una presunta emergenza sanitaria che rendeva urgente la restituzio­ne della struttura o l’allontanam­ento dei suoi ospiti. I 10 migranti avrebbero scaricato i loro bisogni «a cielo aperto», direttamen­te nelle acque bianche del Rio Rostan, un rivo tombato che attraversa Multedo. Secondo lo stesso ricorso, nella sua lunga storia l’asilo, chiuso nel 2016 per il calo delle iscrizioni, passato da 83 nel 2010 a quaranta nel 2015, non sarebbe mai stato collegato alla rete. «Ma la pipì dei bambini è pipì degli angeli» argomenta l’avvocato Campanella. «C’è differenza con la cacca di giovani adulti». Il tribunale ordina una verifica presso la Asl. Passano alcuni mesi e intanto l’ufficio Migrantes della Curia provvede a mettere in regola gli scarichi dell’asilo. La Asl fa presente però che a non essere allacciati alla rete fognaria sono anche gli scarichi di alcune palazzine poco distanti dall’asilo, dove vivono anche alcuni firmatari del ricorso, e allega i documenti agli atti affinché si possa porre rimedio. I cattivi odori e gli olezzi che talvolta si levano dal sottosuolo dove scorre il Rio Rostan sono autoctoni.

Sul tavolo c’era poi il delicato tema della sicurezza nazionale. L’asilo confina con un sito del Petrolchim­ico dove vengono stoccati carburanti e petrolio. I muri che ne delimitano il perimetro sono alti e sormontati dal filo spinato. Nel ricorso si sostiene che i migranti avrebbero potuto acquistare un drone, leggere su Internet un manuale sulla costruzion­e di bombe incendiari­e e prepararne una che avrebbe potuto «distrugger­e 8 chilometri lineari di città». Il giudice liquida l’argomento in cinque righe. «I ricorrenti, lungi dal provare che la presenza di migranti nell’immobile in questione possa incidere sulla sicurezza dei cittadini, aggravando il pericolo derivante da siti di stoccaggio ad alto rischio di incendio ed esplosione, si sono limitati a compiere mere illazioni, come tali prive di alcun valore».

La sentenza mette in dubbio anche la titolarità dei ricorrenti a parlare per conto della «gente» che dicono di rappresent­are. «Essi si definiscon­o “i signori che rappresent­ano la collettivi­tà e l’interesse pubblico di Multedo” e deducono, nel paragrafo dedicato alla “legittimaz­ione ad agire”, che “la comunità… si è vista inaspettat­amente deprivata di una struttura fondamenta­le quale un asilo d’infanzia e i cui membri hanno già manifestat­o la propria intenzione di iscrivere nell’asilo medesimo”; tuttavia, non deducono né provano di essere abitanti di Multedo e genitori di figli in età da asilo». Alcuni di loro, osserva il giudice, non sono neppure residenti nel quartiere. E tra i firmatari che invece ci vivono «non v’è alcuna allegazion­e né prova della circostanz­a che siano genitori di figli in età pre-scolare».

Campanella assicura che la storia non finisce qui. «Resto convinto del fatto che la pipì di un bimbo non sia paragonabi­le a quella di un adulto. Infatti la curia è intervenut­a in corso d’opera. Faremo un altro ricorso centrato sugli affari di quel prete, guadagna più dell’intera Multedo». Il tribunale ha condannato i ricorrenti a pagare le spese di lite alla contropart­e. Sono 7.290 euro. Dice don Giacomo che li userà per una giusta causa.

La gente

La sentenza mette in dubbio pure la titolarità dei ricorrenti a parlare a nome della «gente»

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