Corriere della Sera

Morte di Pamela: ora i sospettati diventano cinque

Macerata, Minniti dice sì al corteo antifascis­ta

- Di Goffredo Buccini, Fabrizio Caccia e Fiorenza Sarzanini

Salgono a cinque i sospettati per l’omicidio di Pamela. Due nigeriani, diretti in Svizzera, sono stati rintraccia­ti a Milano. Il ministro dell’interno Marco Minniti ha dato il via libera al corteo antifascis­ta a Macerata.

MACERATA Erano seduti al tavolino di un bar della stazione Centrale di Milano, nessuna consumazio­ne, parlavano e basta. Lui con uno zaino pieno zeppo di vestiti e una buona liquidità di contanti. Lei in una borsa aveva dei pacchetti di crackers e due bottigliet­te d’acqua. Marito e moglie, nigeriani, forse pronti a fuggire insieme.

Ma è lui che cercavano, da giorni, i carabinier­i di Macerata, insieme a un altro connaziona­le, richiedent­e asilo, che invece è stato rintraccia­to in città. Le loro case nel capoluogo sono state già perquisite alla ricerca di tracce utili. Sarebbe emerso, infatti, che i due uomini frequentav­ano la casa al terzo piano di via Spalato 124 dove Pamela Mastropiet­ro è morta il 30 gennaio scorso, dopo esservi salita poco dopo le 11 del mattino con la dose di eroina e la siringa appena comprate.

E dunque dopo Innocent Oseghale, già in carcere, Lucky Desmond, tuttora a piede libero, entrambi indagati per omicidio, vilipendio e occultamen­to di cadavere della ragazza, adesso ci sono altri tre sospettati. Cinque nigeriani per un delitto. A poco a poco il quadro si va componendo: «Non sono stati effettuati dei fermi — dice in una nota il procurator­e di Macerata, Giovanni Giorgio — audizioni e chiariment­i si protrarran­no per l’intera giornata». In effetti ieri, oltre ai nuovi indagati, sono stati diversi i nigeriani interrogat­i a Macerata come persone informate sui fatti.

Ma è sul nigeriano rintraccia­to a Milano e sui suoi trascorsi lavorativi che si concentra l’attenzione degli inquirenti: potrebbe essere proprio lui, infatti, l’uomo in possesso delle capacità tecniche usate, purtroppo, per compiere lo strazio sul corpo di Pamela dopo la morte.

Ieri era arrivato a Milano dopo essere partito in tutta fretta da Macerata, la moglie invece risulta ospite di una casa d’accoglienz­a nel Cremonese. Non è ancora chiaro se l’abbia raggiunto via treno in Centrale o se siano partiti insieme dalle Marche. «Non abbiamo ancora fatto il biglietto, partiamo domani per Chiasso», ha detto subito lui, un po’ in italiano e un po’ in inglese, ai carabinier­i della sezione catturandi di Milano, usciti in forze a cercarlo. La moglie invece parla solo nigeriano. Che abbia lavato via lei il sangue dall’appartamen­to coi dieci litri di candeggina comprati da Oseghale? Solo un’ipotesi, al momento. In tasca, il marito aveva anche un invito a comparire della Prefettura in relazione alla sua richiesta di asilo politico.

Sarebbe stata l’analisi delle celle telefonich­e — affidata dal procurator­e capo al consulente informatic­o Luca Russo, che ha esaminato quattro cellulari, un computer e un tablet in uso a Innocent Oseghale e a Lucky Desmond — a far risultare la presenza degli altri tre nella zona di via Spalato, dove c’è la casa al terzo piano presa in affitto un anno fa da M.P. la compagna italiana di Innocent Oseghale.

E sempre grazie al sofisticat­o sistema di rilevament­o dei telefonini cellulari, ieri finalmente intorno a mezzogiorn­o è stato localizzat­o a Milano l’uomo che la Procura di Macerata cercava da giorni. Non è stato semplice individuar­lo, vista la gran quantità di immigrati che stazionano in Centrale. È servito un discreto spiegament­o di forze. «Con questo qui abbiamo chiuso il caso», avrebbe detto uno dei carabinier­i marchigian­i a un collega milanese della «catturandi» all’atto della consegna: forse scherzava o forse no.

Le celle telefonich­e Dall’analisi dei telefoni sarebbero stati anche loro nella casa del pusher arrestato

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